• San Giuseppe 2015
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Le "tavolate" di San Giuseppe in Aidone

Lascio la descrizione della Tavolata di San Giuseppe, chiamata semplicemnete in Aidone u san G'sepp' alla mia amica Nuccia Ventorino che fin da ragazza ha vissuto dall'interno la preparazione delle Tavolata. Proprio per questo le ho fatto la corte affinchè ci permettesse di compiere un tuffo nelle sue memorie.  Quella allestita dalla sua famiglia era famosissima in Aidone e non mancavamo mai di visitarla quando, la sera della vigilia di san Giuseppe, era usanza girare per il paese alla ricerca di queste tavole che erano sempre poche, forse perchè troppo costose. Si trovavano magari ai quattro punti cardinali del paese ma era un appuntamento cui non si poteva rinunciare, qualunque fossero le condizioni atmosferiche dominate dai capricci di marzo. Segue una descrizione tratta da un quaderno di ricerche di una classe di Nuccia quando insegnava alle scuole elementari di Aidone, la stessa ci tiene a precisare che la ricerca fu condotta di concerto all'interno di varie classi, purtoppo lei non ne ricorda l'anno. Grazie a Nuccia Ventorino! Avendo partecipato alla Tavola sulle tradizioni popolari, all'interno del progetto Comunità Educanti "I semi di Demetra", che si è svolta alla Fondazione Marida Correnti il 2 febbraio 2024,  ha dato la sua disponibilità e i suoi documenti per compilare la scheda di questa importante tradizione aidonese. 

I Signori Ventorino davanti alla Tavola 1984

A tavula  di San Giuseppe a casa Ventorino

        Mia madre aveva una Fede incrollabile e incondizionata, "senza se e senza ma". Nelle difficoltà della vita di ogni giorno sapeva a chi rivolgersi. Se c'era un temporale..."Santa Barbaruzza senza danni"; un problema di salute... bastava pregare con Fede e i Santi provvedevano; se qualcosa non si risolveva subito... "Come vo' Diu" e si accettava senza riserve. (nella foto i signori Ventorino davanti alla Tavola. 1984)

        Un giorno, era il 1968 avevo circa 15 anni, sentii mia madre che, parlando a bassa voce, diceva a mio padre che a marzo doveva allestire una "tavolata" promessa a San Giuseppe per una grazia ricevuta. Scoprii dopo qualche giorno che mia madre si era rivolta con preghiere a San Giuseppe perché c'era stato qualche problema che sembrava irrisolvibile ma che, grazie alle preghiere e all'intercessione di San Giuseppe, si era risolto.

      Mia madre, aiutata da mio padre e dalle mie zie, cominciò ad organizzare il tutto. Seguirono giorni frenetici, mio padre e mio fratello sempre fuori a ordinare in abbondanza al panettiere il pane votivo con le forme tipiche, a comprare verdure, pesce, uova, formaggi, frutta, dolci e tutto quanto serviva; mia madre e le mie zie che lavavano e inamidavano tovaglie bianche di lino di Fiandra e cucinavano. C'era chi bolliva verdure (finocchietti, amarelli, senàpa, asparagi, spinaci, carciofi, ecc.) e faceva frittate, chi preparava pasta al forno senza carne, perché eravamo in quaresima, ma arricchita con verdure e formaggi, chi metteva a bagno il baccalà, chi friggeva alici e merluzzo e preparava sarde a beccafico, chi faceva pastelle per i cardi e i broccoli da friggere, chi faceva polenta e "frascuatuli", chi preparava zuppe di legumi, chi preparava dolci, sfingi, pignoccata, crema bianca per il "bianco mangiare", cannoli, "purciddat", torrone, paste di mandorle. La casa era invasa da mille profumi, io, mio fratello e i miei cugini eravamo tentati e volevamo assaggiare qualcosa, ma c'era il divieto assoluto, la tradizione voleva così. Due giorni prima di San Giuseppe i miei genitori si recarono a Catania per comprare le primizie che a quei tempi ad Aidone non si trovavano. Tornarono con ceste colme di ogni ben di Dio: fragole, ciliegie, albicocche, prugne, meloni, angurie, fave novelle, piselli freschi, finocchi, pomodori, melanzane, peperoni, sedano, carote, ecc. La mattina della vigilia la stanza da letto dei miei genitori venne smontata e liberata dai mobili. Alcuni cavalletti di altezza diversa addossati alla parete assieme alle tavole del letto servirono per allestire i ripiani verticali dell'altare mentre tavolini da cucina e altre tavole legate assieme e sostenute dai "trispi" furono utilizzati per il ripiano orizzontale. Mia madre e le mie zie ricoprirono il tutto con le tovaglie bianche da tavola. In alto al centro sopra l'altare troneggiava il capezzale dove era raffigurata la Sacra Famiglia. Sul gradino più in alto il pane votivo: al centro il pane rotondo dedicato alla Madonna, "a facc' d' Maria", ai lati il pane con la forma del bastone e della mano di San Giuseppe a rappresentare il miracolo del bastone fiorito e la protezione e la benedizione di San Giuseppe come padre. A seguire il pane a forma di pesce a rappresentare Gesù e tante altre forme di pane, il gallo che rappresenta la rinascita dal peccato alla Fede, la Spera Santa, la palma del martirio, le facce della luna, il pane rotondo, a filoni, a "puppitt", ecc. Il tutto abbellito ai lati da vasi ricolmi di fiori. Sul ripiano orizzontale vennero riposte in maniera simmetrica in grandi piatti da portata e in vassoi tutte le pietanze preparate in abbondanza, nonché aperitivi, acqua, vino e spumante; ai lati ceste ricolme di frutta fresca, frutta secca e verdure crude varie. Inoltre, davanti la tavolata, venne imbandito sontuosamente un tavolo per le tre persone che rappresentavano la Sacra Famiglia. Di pomeriggio la "tavolata" era pronta, il sacerdote venne a benedirla e poi fu aperta al pubblico che venne a visitarla pregando e facendo lodi al Santo e complimenti ai miei per l'abbondanza e la varietà delle pietanze della tavolata.

     La mattina di San Giuseppe i miei genitori a digiuno andarono in chiesa per assistere alla Messa e per rivolgere preghiere di ringraziamento al Santo. Successivamente a casa alle ore dodici, assieme ai parenti, ai vicini, ai visitatori e ai tre ospiti, i santi, che rappresentavano la Sacra Famiglia e che avevano preso posto alla tavola allestita appositamente per loro, prima di mangiare, mia madre invitò chi rappresentava San Giuseppe a benedire la tavola con acqua e rametti di origano. Poi cominciò a servire i tre commensali che rompevano il digiuno con tre spicchi d'arancia. Successivamente servì loro la tipica pasta e legumi, formata da sette forme di pasta e sette tipi di legumi e, a seguire, porzioni di tutto quello che c'era sulla tavola, conservando per loro, da portare a casa, provviste di ogni tipo. Dopo che i Santi assaggiavano, anche gli altri potevano accedere alla tavola assaggiando tutte le pietanze. Fu una festa per tutti, i miei genitori stanchissimi ma felici, i parenti e gli amici pieni come un otre e contenti, i "Santi" sazi e con le borse piene di ogni ben di Dio da portare a casa.

La devozione e la carità erano state rispettate!

Nuccia Ventorino

Tavola Venturino 1968

LA FESTA DI S. GIUSEPPE IN SICILIA E AD AIDONE

Da una ricerca effettuata dagli alunni di Nuccia e di altri colleghi quando insegnava nelle scuole Elementari di Aidone

"Il culto di San Giuseppe in Sicilia ha origini remote ed è ancora saldamente radicato nel cuore del popolo siciliano. Non c'è famiglia siciliana nella quale non ci sia qualcuno che non si chiami Giuseppe. Secondo A. Battiston, la devozione dei Siciliani verso San Giuseppe ha origini bizantine e sarebbe legata alla presenza dei monasteri greci di Sicilia e di Calabria... si possono ammirare nei grandi cicli musivi della Cappella Palatina di Palermo e [... ] 
Frequenti sono le chiese dedicate a San Giuseppe anche in altri centri minori dell'isola, erette specialmente in età barocca, in seguito all'incremento del culto per il Santo, come si apprende dal "Lexicon" di Vito Amico. In Sicilia il Santo viene celebrato in due tempi: a primavera nei mesi di marzo-maggio, e in estate, tra fine agosto e settembre. Le sequenze festive sono caratterizzate dalla presenza di elementi rituali quali il banchetto, la raccolta delle offerte di grano e di legumi, l'accensione di fuochi, la processione con il Santo, la sacra rappresentazione. Essi si distribuiscono variamente nell'arco dei periodi citati e, tranne in rare occasioni, in una singola località non sono mai tutti presenti.
E' il caso di Aidone dove manca il rituale del fuoco, che sopravvive invece in altri centri, compreso Palermo, dove la vigilia della festa, nel tardo pomeriggio, si accendono le cataste di legna erette nei giorni precedenti nei crocicchi delle strade e negli spiazzi.
Pitrè, nel suo volume "Feste patronali di Sicilia", nel 1900, scriveva: "Forse non v'è comune della Sicilia, cominciando da Palermo e finendo all'ultima borgata, dove il 19 marzo non si benefichino i poveri, i santi, i santuzzi, i vicchiareddi, gli 'nvitati, la Sacra Famiglia, come si chiamano qua e là, con pranzi più o meno sontuosi, ispirati da sentimenti di carità, eseguiti con certe forme di devozione e compiuti con tutto l'apparato d'una teatralità che parrebbe moderna ed è vecchia quanto la devozione". A distanza di un secolo la tradizione delle tavolate di San Giuseppe è abbastanza viva in
Sicilia. La preparazione del banchetto collettivo, come nelle feste di origine contadina, assume un valore propiziatorio teso ad assicurare buoni raccolti ricorrendo ai segni dell'abbondanza.

In Aidone San Giuseppe si festeggia il 19 marzo con la processione e, solo in qualche rara famiglia, con la tavolata, tradizione che va scomparendo e che i giovani sembrano apprezzare molto se, numerosi si recano a Valguarnera per fare il giro delle tavolate, dato che in quel comune la tradizione è ancora molto sentita e viva.

L'ALLESTIMENTO DELLA TAVOLATA
Gli altari di San Giuseppe vengono ancora oggi allestiti per voto o per tradizione, da alcune famiglie. Sin dai giorni precedenti i devoti, con la collaborazione dei familiari e del vicinato, raccolgono e preparano le verdure e provvedono alla confezione del pane votivo. I pani di San Giuseppe, vera e propria arte plastica, costituiscono, assieme alle fritture (non a caso il Santo si è acquistato l'appellativo di "frittellaro") i due elementi rituali principali del banchetto, in quanto rappresentano la celebrazione alimentare della cultura contadina- Il banchetto può essere allestito a proprie spese o tramite questua; ed è in genere la donna che si mortifica a girare per il paese e chiedere offerte, un tempo in natura ed oggi in denaro.

Ad Aidone si hanno due varianti del banchetto: i v'r'g'nedd' e a tavulata
I v'r'g'nedd' è l'allestimento di una semplice tavola, sempre abbondantemente imbantita per tre verginelle o verginelli, scelti, in genere, tra i bambini più poveri. (*nota mia: I v'rginedde potevano essere allestiti in un qualunque dei Mercoledì di marzo mentre a tavutata si allestiva il diciotto per essere consumata il giorno di San Giuseppe, il 19 marzoA tavulata è l'altare che viene addobbato come in un apparato scenografico barocco, preoccupato dell'horror vacui, utilizzando tavoli e cassettoni, nella stanza più grande della casa. Nella parete di fondo si dispone una bella coperta che accoglie l'immagine della Sacra Famiglia. Sui gradini si dispone il pane votivo, utilizzando il gradino più alto per il bastone e la mano di San Giuseppe. Il bastone allude all'episodio del Vangelo apocrifo relativo al bastone fiorito di San Giuseppe e la mano può alludere, oltre al gesto di benedizione, alla manualità artigianale del Santo falegname. 
Il pane dedicato alla Madonna è la faccia della Madonna. Il pane in onore di Gesù Bambino, costituito da varie forme di pupi, trova il suo paradigma nel pesce, il più antico simbolo cristologico. Altre forme simboliche di pane sono: il gallo che rappresenta il risveglio e quindi la rinascita, le tre facce della luna (tre pani tondi uniti insieme da una treccia), questo va consumato per primo, la Spera Santa, la palma e varie forme a piacere.
Simbolo é anche l'arancia, che allude alla redenzione dal peccato originale, avendo lo stesso significato della mela (in olandese, arancia- sinaasappel mela cinese) che è per tradizione il frutto dell'albero del Bene e del Male. 
Dolci tipici sono la pignucata e il bianco mangiare, il primo è fatto di cubetti di pasta frolla messa a friggere in olio bollente e conditi con zucchero, il secondo è una zuppa di pan di spagna o di giamelle, biscotti tipici aidonesi, e di crema bianca. Cadendo la festa di San Giuseppe in Quaresima, è tassativamente abolita la carne, mentre si può mangiare il pesce. Del resto il pane stesso sostituisce la carne e, come dice Marcella Croce in "Le cene di San Giuseppe, Kalos, aprile 1998", " lo stesso etimo semitico significa sia pesce che carne e una parola come Bethlehem significa casa del pane in ebraico e casa della carne in arabo".
La cultura del pane che si riscontra in altre feste popolari di Sicilia, come quella degli Archi di Pasqua di S. Biagio Platani, è ampiamente testimoniata nei proverbi popolari: Megghiu niuru pani ca niura fami - A cu ti leva u pani levaci 'a vita - Pp'u pani e pp'u vinu si cancia 'u vicinu.

Oltre al pane, alle frittate di tutti i tipi, alle arance e ai finocchi, piatto importante è la pasta con i legumi sette tipi di legumi con sette forme diverse di pasta. Infine la tavola va arricchita con frutta e verdure, altri dolci tipici del luogo senza escludere le primizie. Chi faceva il voto della tavolata, nei giorni precedenti la festa, scendeva a Catania e comprava frutta e verdure fuori stagione.

IL RITO DELLA "CENA"
Scelti i tre che rappresenteranno la Sagra Famiglia, la persona che ha fatto la promessa al Santo, insieme a familiari e vicini, veglierà la tavolata tutta la notte e lascerà la porta di casa aperta a chiunque voglia fare visita.
Il giorno di San Giuseppe, la Sagra Famiglia si recherà a messa e dopo alla tavolata. Prima di iniziare a mangiare, San Giuseppe benedirà la tavola, aspergendo acqua benedetta con rametti di origano e ripetendo per tre volte la formula di rito:
B'n'dic a cena
B'n'dic Mddalena
B'n'ditt' tutt' quant'
Patr, Figghj' e Sp'rt' Sant'

Alle ore dodici in punto, la persona che ha fatto il voto, a digiuno, comincerà a servire i commensali che romperanno il digiuno con tre spicchi di arancia, continueranno con tre porzioni ciascuno di pasta e legumi, che assaggeranno mettendo da parte quello che resta per portarlo a casa. Quindi verranno servite piccole porzioni di ciò che si trova in tavola e dal pane, concludendo con finocchio crudo.
Il pane utilizzato durante il pranzo è la forma che rappresenta le tre facce della luna: il primo pezzo sarà messo da parte per l'ospite, che lo conserverà senza consumarlo. Ogni commensale riceverà una porzione di tutto ciò che c'è sulla tavola, compreso una
forma di pane non minore di un chilogrammo, per portarlo a casa. A questo punto il pubblico può mangiare, ma sempre solo all'ora del pranzo. Ciò che resta verrà diviso tra amici e parenti.

OCCORRENTE PER ALLESTIRE LA TAVOLATA

Forne di PANE: 
1. il bastone di San Giuseppe; 2. la mano di San Giuseppe; 3. il pesce; 4. la faccia della Madonna; 5. le tre lune; 6. il pesce; 7. la Spera Santa; 8. i pupitt';  9. la palma; 10. il gallo; 11. forme varie a piacere; 12. fiori. 


FRITTATE: 

1. con broccoletti (muzzatura); 2. con spinaci; 3. con asparagi; 4. con finocchietti; 5. con patate; 6. con pan grattato e formaggio; 7. con ricotta; 8. con marelli (Senape canuta); 9. con senape (sinapis nigra); 10. con cicoria; 11. con zucchine; 

VERDURE COTTE
1. cardi in pastella; 2. cavolfiori in pastella; 3. cavolfiori fritti; 4. carciofi lessati (senza condimenti); 5. zucca fritta...

VERDURE CRUDE
1. carciofi;  2. finocchi; 3. cardi; 4. sedano; 5. fave novelle; 6. piselli freschi; 7. carote; 
8. mazzetto di basilico; 9. mazzetto di prezzemolo; 10. mazzetto di rosmarino; 11. pomodori

FRUTTA FRESCA

1. arance; 2. mele; 3. pere; 4. banane; 5. ananas; 6. kiwi; 7. uva; 8. anguria; 9. nespole

DOLCI
1. pignocata; 2. cannoli con ricotta; 3. cassatelle; 4. sfingi; 5. crostate; 6. buccellati; 7. torrone; 8. torte (decorate W San Giuseppe); 9. torte varie; 10. biscotti al vino (tradizionali); 11. ciambelle (tradizionali, giamelle); 12. dolci vari