SANTA MARIA LA CAVA

NOTA STORICA E DESCRITTIVA

Aidone - Piazza Filippo Cordova - Torre Adelasia

La chiesa di S. Maria La Cava ha origini antichissime. Con il nome di S. Maria Lo Plano (il Piano, come ancora oggi lo chiamano gli aidonesi, il pianoro ai piedi della cittadina medievale che invece si svolgeva lungo le pendici orientali del monte), secondo la tradizione e gli storici locali, fu fondata nel XII sec. da Adelasia, nipote del conte Ruggero e da lei riccamente dotata, come si leggerebbe in un diploma del 1134. Fu priorato dei Benedittini, appartenente alla diocesi di Catania. Nel 1579, prendendo atto del fatto che ormai il paese era cresciuto anche attorno alla chiesa del Piano, monsignor Cutelli, vescovo di Catania, la dichiarò Chiesa Parrocchiale Coadiutrice della Chiesa Madre. Solo nel 1910 sarà eretta come parrocchia autonoma da Monsignore Mario Sturzo, vescovo di Piazza Armerina. Il primo parroco sarà il rev. Lorenzo Milazzo. 

Dell’impianto medievale conserva solo l’abside, la torre, comunemente chiamata Adelasia, e il portale sulla parete laterale prospiciente la piazza Filippo Cordova.

Aidone - Torre Adelasia e porta meridionale - inizi del Novecento

La torre, secondo alcuni, faceva parte delle antiche mura, secondo altri la sua costruzione, già come torre campanaria, iniziò nei primi decenni del Duecento e fu lasciata incompleta; secondo una ipotesi suggestiva dell'architetto Enrico Caruso, considerata l'apertura dei tre fornici con arco a sesto acuto, potrebbe  essere una sorta di arengario, una loggia, come ce ne sono in tutte le città del Nord Italia.  Al tardo Quattrocento risale il secondo ordine, molto lontano stilisticamente dal primo e separato da un marcapiano merlato. Lo stile è quello gotico catalano di cui si hanno insigni esempi a Palermo, lo stile delle monofore è ripreso nel portale meridionale che dà sulla Piazza Cordova, come si può vedere chiaramente da questa vecchia fotografia. (Verrebbe da chiedersi se l'arco nel corso dei lavori degli anni 4o non sia stato ribassato!) Nel Seicento vengono ripresi i lavori e sovrapposto un terzo ordine in stile toscano che verrà completato con l’orologio, nell’Ottocento (1880).

Allo stesso modo anche la chiesa ha subito numerosi restauri e rimaneggiamenti, a partire dal nome, che dagli inizi del XVI secolo diventa Santa Maria La CavaL’attuale facciata, incompleta, è frutto di un ambizioso progetto ottocentesco (nel 1885 iniziano i lavori), per una chiesa a tre navate. Presenta il meglio dell’arte barocca, nel rispetto di quella compostezza e classicità di linee che sono una costante dell’architettura aidonese. Il prospetto in cotto è scandito da coppie di lesene e da cantonali in pietra arenaria. La parte centrale avanzata e le due ali laterali sono caratterizzate da portali con arco a tutto sesto, fiancheggiati da colonne corinzie poggianti su basi scolpite, e culminano in un elegante trabeazione con metope e triglifi, anche questa incompleta nell’ala destra. I portali erano tutti al livello stradale ma la chiesa all'interno era ad un piano più alto, più o meno quello odierno, per cui vi si accedeva internamente da un'alta scalinata. Il rapporto simmetrico dei portali è andato perduto nell’ultimo radicale restauro completato nel 1940 (I lavori iniziarono nel 1933 per volontà del primo parroco Lorenzo Milazzo). Per ampliare la capacità di accoglienza della chiesa, si eliminò l’alta gradinata interna, si sollevò il portale centrale e si aggiunse l’alto sagrato semidecagonale. Fu abbandonato definitivamente il progetto a tre navate, ricavando due cappelle sul lato occidentale e dei locali per un asilo sul lato orientale. Intanto veniva abbasato il livello della piazza e il portale laterale diventò raggiungibile da una doppia scala   come ci mostrano alcune foto.  Più tardi, in allineamento, sulla piazza, per costruire dei locali in uso alla confraternita di Santa Maria, si occultò alla vista l’antica gradinata con il magnifico portale orientale a ferro di cavallo, cui oggi si accede dalla cancellata; in epoca recente anche questa apertura è stata dotata di un bel portone di bronzo che, come quello della facciata principale, è opera dello scultore Tonino Scuccimarra. 

Per ricordare le origini normanne, l’interno dell’abside fu spogliato di ogni orpello e riportato alla nuda pietra, in netto contrasto con il restante sistema decorativo dominato dagli affreschi della pittrice Clelia Argentati. I restauri degli ultimi decenni hanno visto: l’apertura verso il presbiterio della base della torre campanaria, diventata cappella del Sacramento, l’asportazione dell’altare centrale, in marmo policromo, per far posto alla mensa, e la costruzione dei due portoni di bronzo.

Oggi la chiesa è anche denominata come santuario di San Filippo Apostolo. Il simulacro del santo miracoloso, custodito in una cappella riccamente decorata di stucchi alla maniera barocca (1902), è oggetto di grande venerazione e il 1° maggio convengono in Aidone, per celebrarlo, ringraziarlo o impetrare grazie, decine di migliaia di pellegrini provenienti da tutti i comuni della provincia e oltre. Insieme alla statua è oggetto di venerazione un reliquiario d’argento, contenente reliquie dei Santi Filippo e Giacomo e di altri Santi. Si ha notizia che questo reliquiario fu portato il 10 maggio 1631 a Regalbuto per esservi benedetto dal rev. Francesco d’Amico, vicario capitolare; fu poi riportato in Aidone con grandi feste.

In questa chiesa è vivo anche il culto a Maria SS. Assunta, Santa Rita e Santa Lucia, caratterizzati il secondo dalla benedizione delle rose e l’ultimo dalla cucìa, il frumento cotto che per devozione si consuma il 13 dicembre in quasi tutta la Sicilia.

Il culto di san Filippo Apostolo in Aidone ha origini remote, della sua importanza abbiamo contezza solo a partire dal 1635, quando, il 10 maggio, a Regalbuto, viene benedetto dal Vicario Capitolare Vincenzo D’Amico il reliquiario d’argento di San Filippo che contiene anche le reliquie di San Giacomo Minore. Il reliquiario fu accolto in Aidone con grandi feste. Ugualmente antica è la sua fama di santo taumaturgico, oggetto di pellegrinaggio dai paesi viciniori ma anche dai più lontani fino dalla provincia di Messina. 

Aidone festeggia da sempre San Filippo il primo maggio, in questa data si celebra la traslazione delle reliquie nella basilica dei santi Apostoli, avvenuta durante il pontificato di Giovanni III, papa dal 561 al 574. Anche quando la chiesa cattolica assegna definitivamente il 3 maggio alla festa dei due apostoli, Aidone continuerà a celebrarla il primo maggio come ha fatto da sempre. (Il Santo si festeggia il 3 maggio nella tradizione occidentale e il 14 novembre  in quella ortodossa o il 18 novembre in quella copta e nella tradizione orientale)

La festa aidonese è stata caratterizzata da sempre dall’affluenza di migliaia e migliaia di pellegrini che a piedi o ogni mezzo compiono il “viaggio”  per impetrare grazie, ringraziare di quelle ricevute o semplicemente per un atto di devozione. Sono talmente tanti che la stessa festa è organizzata tenendo conto del grande affollamento, i fuochi d'artificio e la processione si svolgono appena dopo mezzo giorno, il percorso è molto più breve della classica "via sacra". Nei tempi passati si celebrava un’altra festa il 28 maggio per i soli aidonesi!

La cappella settecentesca fu ingrandita e decorata con gli stucchi, che oggi vediamo alle pareti, nel 1902. Dal restauro della cappella (2019) sono emerse anche delle iscrizioni in latino della nicchia che documentano l’anno in cui fu ampliata e decorata la cappella, 1902 appunto, e il nome del procuratore la deputazione della Cappella, il parroco don Giovanni Di Prossimo Fiore. Altre iscrizioni sono emerse nei due pannelli raffiguranti episodi del Vangelo in cui è presente san Filippo: la moltiplicazione dei pani e i greci che si rivolgono a lui per vedere Gesù.

Restaurato anche un dipinto su tavola raffigurante San Filippo contemporaneo alla realizzazione della stessa Cappella. Serviva da porta alla nicchia dove è custodito il simulacro di San Filippo. La presenza nella porta di due buchi di serratura ci conferma la notizia, riportata dal Canonico Luciano Palermo: la statua ed il prezioso reliquiario sono custoditi con tre chiavi (due nella porta dipinta e una nel cancello) una delle quali la tiene il Procuratore e le altre due maestri della chiesa. 

Aidone 22 settembre 2013. Completati i lavori di restauro nella chiesa Santa Maria La Cava.

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Ai tanti pellegrini, che dalla prossima settimana cominceranno ad affluire ad Aidone per inginocchiarsi davanti a San Filippo Apostolo, il santo miracoloso amato e venerato in tutta la provincia di Enna e nei territori ad essa confinanti, sembrerà che la chiesa di Santa Maria La Cava, che loro chiamano di San Filippo, si sia come liberata per accoglierli. È questa l’impressione che si riporta nel vedere la facciata restaurata e privata dell’alta cancellata che la cingeva: bella e affascinante nonostante l’incompiutezza. La facciata tardo settecentesca nello stile, ma costruita a partire dal 1885, è frutto dell’ ardito progetto di trasformare una chiesa a sala unica in una basilica a tre navate. Peccato che si sia iniziato e finito con la facciata! Questa fu lasciata incompleta perché finirono i soldi, la vecchia chiesa a sala fu lasciata intatta, sopraelevata rispetto al piano terreno, vi si accedeva da una gradinata interna di dieci gradini. A metà del 900 si preferì sollevare il pavimento interno per ingrandire la sala, innalzare il portone centrale ed edificare una scala esterna che dopo qualche anno, non si sa bene perché si recinse con un altissima inferriata; delle tre navate si perse la traccia e i portali laterali murati furono lasciati al livello oroginario, il livello più basso! 

I lavori di restauro complessivi sono iniziati più di due anni fa con l’abbattimento delle barriere architettoniche e la creazione, lungo la parete occidentale, di un percorso accessibile ai disabili e alle carrozzelle; è stata dunque restaurato tutto il prospetto ovest con un nuovo portone e un ingresso più agevole. I lavori di restauro della chiesa sono stati più complessi ed hanno interessato la struttura architettonica e gli impianti elettrici. È stato sistemato il tetto e la terrazza prospiciente sulla piazza Cordova. È stata ripulita tutta la facciata, riportando alla luminosità naturale la pietra della montagna e i chiari mattoncini di cotto del rivestimento, aperta la finestra orientale cieca, che creava con la sua asimmetria una evidentemente disarmonia, e restaurata completamente tutta la scalinata e il sagrato, sostituendo i gradini sbreccati e asportando definitivamente la cancellata che, a detta di molti, costituiva una peculiarità della nostra chiesa ma che, una volta rimossa, ha come liberato e rivelato l’intera facciata, rendendola gradevole e armoniosa. Il tutto è stato arricchito dall’illuminazione notturna e da una nuova croce sulla cuspide del timpano assente. Il restauro all’interno ha riguardato la messa in sicurezza dell’impianto elettrico, con l’aggiunta di fari che rendono molto più luminosa l’aula; la pulitura dell’abside normanna, l’elemento architettonico più antico della chiesa, insieme al primo livello della Torre Adelasia e al portale laterale prospiciente la piazza Cordova, reperti della originaria chiesa di Santa Maria Lo Plano, voluta (nel 1134) da Adelasia nipote di Ruggero I e sposa di Rinaldo d’Aquila Avenel. Lasciare l’abside priva di intonaco era stata una scelta intelligente, lungimirante e storicamente corretta del suo primo parroco, il dotto Lorenzo Milazzo. La pulitura ha rivelato il bianco luminoso della pietra ricavata dalle cave locali, probabilmente del Baccarato. Le tre finestre, che tagliano quasi a metà l’altezza dell’abside medesima, sono state decorate con vetri istoriati realizzati dall’artista Giuseppina Cristaldi, le cui creazioni si possono ammirare pure Gibilmanna e Randazzo. La Cristaldi completerà la sua opera con le finestra della facciata. I progetti sono stati realizzati grazie alla grande determinatezza e caparbietà del Parroco, padre Carmelo Cosenza che, al netto dei contributi –167.000 euro della CEI, provenienti dall’8 per mille e 10.000 da parte della Diocesi-, per fare fronte alle spese, che ammontato a più di 400.000 euro, è in attesa della conferma di un prestito chirografario di più duecentomila euro da parte di una Banca locale. Anche i fedeli stanno contribuendo in qualche modo e lo faranno certamente per tutta la durata del prestito. Padre Cosenza sorride soddisfatto per quanto realizzato e per le modalità che l’hanno permesso in tempi accettabili: squadre di operai e artigiani che generosamente non sono stati a guardare l’orologio e che sapranno aspettare per incassare il giusto compenso. Una forte accelerazione è stata impressa in vista delle celebrazioni pasquali e soprattutto del pellegrinaggio a San Filippo, che vede decine di migliaia di fedeli e pellegrini giungere da tutta la provincia e oltre per pregare o ringraziare il santo miracoloso e che godranno certamente della sorpresa loro riservata! Franca Ciantia 

PUBBLICATO SU VIVIENNA.IT 
 

Il CULTO DI SANFILIPPO IN AIDONE

Post pubblicato da don Carmelo Cosenza sulla pagina  SANTUARIO SAN FILIPPO APOSTOLO- AIDONE 26/04/2022

Non abbiamo certezze sulla nascita del culto di San Filippo Apostolo in Aidone, il primo documento scritto risale al 1631, esattamente il 10 maggio, quando a Regalbuto, in occasione della visita del Vicario Capitolare, il rev. Francesco D’Amico, viene portato, per esservi benedetto, il prezioso reliquiario d’argento che contiene le reliquie di San Filippo e San Giacomo apostoli e di altri martiri. Detto reliquiario è custodito presso il Santuario e ogni anno viene portato in processione lungo le vie cittadine.
Circa cinquant’anni prima, nel 1579, la chiesa di Santa Maria Lo Plano, in origine costruita nella periferia occidentale, di molto staccata dal centro urbano che sorgeva sulla cresta del monte e si dipanava sul costone orientale, era stata dichiarata chiesa parrocchiale coadiutrice della Chiesa Madre di San Lorenzo. Infatti, con l’infoltirsi delle abitazioni nel “piano”, la chiesa si era trovata al centro di un quartiere popoloso, da qui l’esigenza di renderla parrocchiale. È probabile che l’importanza della chiesa deriva anche dal diffondersi del culto di San Filippo a cui, in una chiesa ad aula unica, verrà dedicata una cappella esclusiva decorata con splendidi stucchi. Tale cappella custodisce oltre la statua anche le preziose reliquie del Santo Apostolo, le 3 chiavi della cappella erano custodite dal procuratore e dai maestri della chiesa (1 apre il cancello mentre le altre 2 la tavola raffigurante San Filippo che cela il Simulacro).
La statua di San Filippo è stata sottoposta ad un vero restauro nel 2007, dallo studio è risultato che la sua manifattura può essere collocata tra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento. È stata pure sfatata la leggenda che voleva che il nero della faccia del Santo fosse dovuto al legno nel quale era stato scolpito, l’ebano. É emerso infatti che il santo è stato volutamente dipinto di nero. Il simulacro oltre al bastone con croce greca, a cui è stata aggiunta una rosa da un devoto (Maugeri, così si legge nell'incisione), tiene nella mano sinistra il Vangelo di Giovanni e con il suo dito medio tiene il segno sul capitolo VI (qui è narrato l'episodio della moltiplicazione dei pani e dei pesci ove Gesù chiese a Filippo «Dove potremo comprare il pane perché costoro abbiano da mangiare?». Diceva così per metterlo alla prova), infine ha una croce pettorale che è stata donata dal parroco don Carmelo Cosenza.
Già in occasione della benedizione del Reliquiario d’argento si parla dell’accoglienza con grandi feste, e San Filippo, il primo maggio, rappresenta una delle feste principali di Aidone.

A festa ranna 

La festa era particolarmente sontuosa fino all’inizio del Novecento, al santo veniva donata tantissima cera nella forma di “ntorce”, di diverse dimensione e variamente addobbate, che i pellegrini portavano in processione, spesso accompagnati dalla banda o dal solo tamburo. E le candele erano le protagoniste della piramide di luce che annunciava l’epifania del Santo la vigilia durante i Vespri. La chiesa veniva illuminata con diverse centinaia di candele, che pendevano dai lampadari a ninfette, per tutta la sua ampiezza. L’altare di allora, di forma piramidale con scaloni di marmo alla base e di legno nella parte alta, ospitava 160 candele, la cui luce veniva aumentata dalla rifrazione provocata da palme di stagno argentate, sapientemente intercalate alle candele, appariva come una piramide di fuoco; da dietro, la sera del 30 aprile, con un effetto teatrale degno della migliore tradizione del deus ex machina, in un clima di attesa che diventava sempre più delirante, al suono della marcia reale e del grido ripetuto da diverse centinaia di fedeli “Viva Dio e San Filippo”, il santo appariva con la sua faccia nera e il manto dorato, e solo allora si faceva silenzio per celebrare i Vespri. Probabilmente il santo era visibile sono nei giorni della festa, da sempre celebrata il primo maggio in relazione alla deposizione a Roma delle reliquie del Santo Apostolo nella basilica dei Santi XII Apostoli.