Gli Argenti

Il Tesoro di Morgantina: gli Argenti di Eupolemo

Grandi storici come Polibio e Livio raccontano di preziose opere di oreficeria ed argenteria che abbelliscono le case e le mense siracusane sotto Ierone II (275-215 a.C.). Poche opere come il tesoro di Morgantina possono testimoniare la veridicità di quei racconti; i motivi stilistici ed iconografici hanno convinto gli studiosi che gli argenti di Morgantina sono appunto opera di artigiani siracusani del periodo ieroniano, della seconda metà del III sec. a.C. Come era successo alla Venere, agli Acroliti e ad un numero indefinibile di reperti, anche gli Argenti, rinvenuti dai tombaroli, finirono nel mercato clandestino e, attraverso vicende rocambolesche, al Metropolitan Musem di NewYork. Il movimento di opinione, le indagini della magistratura e dei Carabinieri, le lunghe trattative tra i Governo italiano e quello americano e i singoli Musei, hanno portato a queste restituzioni.

Sacri agli dei

Il tesoro degli Argenti di Morgantina comprende sedici oggetti di argento dorato. Sono di produzione e cronologia diversi, acquistati forse, quasi con modalità collezionistiche, in tempi e modi vari.

Nove oggetti sembrano destinati al simposio: due grandi coppe (mastoi) con i piedi a forma di maschere teatrali dove si mescolava il vino con l’acqua e aromi vari; la brocchetta (olpe) e l’attingitoio (kyathos) per servirlo; le quattro coppe, di cui tre con il medaglione sul fondo e una con decorazione a reticolo, e la tazza a due anse, per berlo. Quattro degli oggetti hanno certamente una funzione sacra, come testimonierebbe la presenza di dediche votive: il piatto ombelicato (Phiale mesomphalos), che probabilmente serviva per versare liquidi durante i sacrifici; il piccolo altare (bomiskos) decorato con ghirlande e bucrani, che si usava per bruciare i profumi; le pissidi, di cui una con coperchio decorato con un Amorino (Erote), e l’altra con figura femminile che regge una cornucopia, che servivano a contenere essenze ed unguenti. I due corni bovini, che furono utili al professore Bell per il riconoscimento, potrebbero far parte di un elmo da parata. Infine c’è il pezzo forse più bello e perfetto, il medaglione con la raffigurazione di Scilla, appartenenete forse ad un piatto o ad una coppa. La presenza di Scilla, il mostro marino descritto da Omero nell’Odissea, nel fondo di una coppa per bere, è stata interpretata quasi come un avvertimento minaccioso sui rischi cui si va incontro bevendo tanto vino; la ninfa, terribile nelle sue estremità trasformate in teste di cani feroci e nei serpenti che avvolgono il suo busto che però rimane di una donna bellissima, è rappresentata mentre scaglia un macigno contro il bevitore.

Decorazione e incisioni

medaglione di Scilla

Tutti i pezzi presentano decorazioni vegetali e figurate, raffinate e curate nei dettagli, esse sono ottenute attraverso la lavorazione a sbalzo, la martellatura avveniva dal retro sull’oggetto appoggiato sulla pece; i dettagli venivano realizzati a cesello. La doratura era fatta con la foglia d’oro che si scioglieva col calore sul decoro ricoperto prima di mercurio.
Sono presenti molte iscrizioni in lingua greca, ottenute per puntinatura e incisione, si tratta di dediche votive, come quella nel bomiscos "sacri agli dei", di indicazioni sulla proprietà e sul valore ponderale; su almeno tre oggetti sono presenti notazioni del peso, con lettere e segni secondo un sistema ponderale tipico della Sicilia e della stessa Morgantina, un’ulteriore elemento a supporto dell’identificazione del luogo di provenienza del Tesoro.

L'identificazione della casa di Eupolemo

Le indagini e le confessioni di un "pentito" portarono alla identificazione del luogo dove i tombaroli avevano trovato questo tesoretto, nonchè alla ricostruzione storica del loro nascondimento. La casa, oggetto poi di uno scavo, rivelò la buca dove il proprietario, tale Eupolemo -il cui nome conosciamo dalle iscrizioni incise negli stessi oggetti- aveva nascosto il tesoro, per proteggerlo certamente dall'avidità dei conquistatori romani che stavano per occupare Morgantina dopo avere saccheggiato Siracusa (la casa è facilmente visibile dalla strada, si trova di fronte alla stradina che porta alla bibglietteria ed è una casa povera non coerente con la ricchezza degli argenti, il proprietario forse volle in questo modo mettere fuori strada i romani). Due monete di nessun valore numismatico hanno aiutato a raccontare la storia di ieri e di oggi: una sikeliota la cui fattura non può essere antecedente al 214 a.c. e una moneta di cento lire sfuggita dalle tasche di un tombarolo:la prima testimonia il nascondomento, sappiamo che Morgantina fu conquistata e saccheggiata dai Romani e dagli Ispani di Moerico nel 211 a.C.; la seconda, che porta la data 1979,  il momento del trafugamento da parte dei moderni saccheggiatori.