VINCENZO CORDOVA

Vincenzo Cordova, nacque in Aidone l’8 luglio 1870, terzo di quattro figli,  da Giuseppe e da donna Moma De Arena. La sua era la famiglia da cui provenivano due grandi uomini che avevano rivestito incarichi prestigiosi nel Regno d’Italia, il padre Giuseppe era il fratello del senatore Vincenzo Cordova Savini e cugino del più famoso Filippo Cordova più volte ministro nel governo liberale di Cavour e dei suoi successori. La morte prematura del padre, un testamento disatteso di Filippo Cordova a favore degli orfani, il comportamento, secondo il Nostro, truffaldino dello zio senatore nei loro confronti , segnarono la sua vita, dal rifiuto dell’educazione nei collegi alla formazione da autodidatta. Le difficili condizioni economiche lo spinsero a cercare fortuna in America ma dopo un anno già tornava in Aidone vivendo di espedienti e delle magre rendite di quanto gli era rimasto. Morì il 22 aprile del 1943 lasciando una epigrafe, da incidere sulla sua tomba, che ben descrive il suo carattere ribelle e generoso, la sua capacità di rivolgere la sua satira contro i potenti e di guardare con un sentimento di simpatia, che sfiora il lirismo, alla gente comune.
Il secondo Aretin qui sotto giace/ Dal suo verso satirico e mordace/Ei di mentir giammai non fu capace/ Eppur fu ritenuto per mendace. / Visitator gentil se non ti spiace/Non gli turbare più l’eterna pace
Scrisse poesie in siciliano, in dialetto galloitalico e nella forma sicilianizzata dell’aidonese, ma non pubblicò mai nulla, ma le sue poesie erano tanto famose che la gente se li passava a memoria, restano dei quadernetti  autografi, alcun conservati nella Biblioteca Comunale di Aidone.  I testi galloitalici sono stati pubblicati nel 1962 dal prof. Giorgio Piccito sulla rivista L’Italia dialettale (vol. XXV) e dal prof. Giovanni Tropea nel 1973 nella monografia Testi Aidonesi inediti in Memorie dell’Istituto Lombardo. Angelo Trovato nel 1997 ha finalmente pubblicato, per la Papiro Editrice di Enna, un pregevole volumetto contenente una ventina di componimenti di forma e lingua varia. 
(da Angelo Trovato: “ Vincenzo Cordova. Un poeta aidonese”)

Cunsiggh' a na carusa maira

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Diggh’  a  to  matr’  ch’  t’  ddiva  buna

A  carn’  è  menza  dota  pa  carusa;
Se  stai  intra  tutt’i  giurn  nciusa
Nan  t’  marìj  e  nan  poi  fè  furtuna.

Nte  fest’  viavatn’  ada  missa,
strinz’t  buna  ch’  t’  sgridda  u  pitt,
mint’t’  i  v’stinj  i ciù  pulìt’,
vid’  se  poi  ncagghièr  ncocch’  fissa.

Non  ggh’  ddivè  nto  pangh’  ciù  muidda,,
Di  pasta  viattìnn’  na  scuìdda;
s’  non  mi  scut’  fai  a   to  sv’ntura,
e   rest’     p’  iancàu   d’  tannura.

DA *Giovanni Tropea “Testi Aidonesi inediti”,  Memorie dell’ Ist. Lombardo di Scienze e Lettere, 1973

(Di’ a tua madre che ti allevi bene/ la carne è mezza dote per una ragazza./ Se te ne stai tutti i giorni chiusa dentro casa/ non ti sposerai e non potrai fare fortuna./ Nelle feste vattene a messa/ stringiti bene il corpetto perché si ammiri il seno,/mettiti i vestiti più eleganti/ vedi se riiesci ad accalappiare qualche fessacchiotto./ Non togliere più mollica dal pane,/ingurgita una scodella di pasta: / se non mi dai ascolto fai la tua sfortuna/ e resti come le mascelle del focolare.)