CUCINA TRADIZIONALE AIDONESE

C'è una cucina aidonese?

Aidone, come gran parte dei piccoli paesi siciliani, ha avuto tradizionalmente una cucina molto povera in cui prevalevano le verdure, i cereali e i legumi; in cui il pesce era quasi del tutto assente e le carni, molto preziose, si consumavano solo nelle feste principali. Ma di questa cucina, che avevamo quasi rimosso,  ho scoperto il valore che consiste nella sua semplcità fatta di alimenti sani, che si gustano nella loro schiettezza e genuinità, dal momento che anche i condimenti sono pochi e diretti. 

Polenta di cicerchia

    La cicerchia, Lathyrus sativus, detta anche cicerula, cece nero, dente di vecchia, pisello quadrato”, è una leguminosa da granella conosciuta da sempre nel bacino del Mediterraneo. Come legume ha avuto una parte importante nella cucina povera, in Aidone è stata da sempre usata come farina ottenuta macinando i legumi previamente tostati. La polenta, chiamata comunemente frasquatul' , ha rappresentato un alimento fondamentale nei momenti più critici della nostra storia e forse, appunto per questo,  gli anziani hanno preferito dimenticarla. Solo recentemente è stata rivalutata, incentivandone la coltura, è diventato un alimento di pregio se si arriva a pagare sei euro al chilogrammo!

Polenta di cicerchia
Ingredienti 
Quattro litri d’acqua per circa mezzo chilo di farina
Olio, sale, aglio, finocchietti selvatici
Come si fa
Quando l’acqua è in ebollizione, a piacere, mettere un pugnetto di finocchietti selvatici tagliuzzati da far cuocere per per una decina di minuti. Raffreddare con un bicchiere d’acqua fredda e portare al minimo la fiamma; con l’aiuto di una frusta cominciare a versarvi a pioggia la farina di cicerchia fino a quando raggiunge la consistenza desiderata e comincia a ribollire; aumentare la fiamma e far cuocere per un quarto d’ora circa, sempre rimestando; intanto fra soffriggere in abbondante olio di oliva l’aglio, aggiungere alla polenta e rimestare per amalgamarlo bene; spegnere e versare nei piatti.
Si può mangiare così com’è, con un po’ di pepe e peperoncino, accompagnata con salsiccia o coniglio selvatico al sugo.
Raffreddata per almeno 12 ore si può friggere, tagliandola a fettine, infarinandola e friggendola in olio caldo (LEGGI ARTICOLO SU VIVIENNA)

Baccelli di fave novelle: come recuperarli per ricette gustose e facili

La nostra è una cucina povera, ma quanto si raccoglievano le fave novelle non si pensava che si dovesse risparmiare e quindi ai nostri vecchi non sarebbe mai venuto in mente  di usare le “scorze”, una volta che erano state sgranate le gustosissime fave fresche, dolci e tenerissime. Oggi che compriamo tutto, quando da un chilo di fave tenerissime si ricavano, sì e no, un paio di etti di fave per le ricette tradizionali, è un po’ dura buttare più dei due terzi del loro peso. Finché non ho scoperto che erano commestibili, un giro su internet e ho scoperto tante ricette che ho provato e rielaborato a modo mio: un risultato inatteso quanto gustoso.  
Ecco i miei consigli. Come mondarli: il sistema più economico, ritaglio tutto intorno la fava e in un colpo tolgo i nervi e i legumi che metto da parte, ottengo delle strisce, simili a fagiolini, che metto a spurgare in acqua corrente e poi lesso per 10 minuti, non di più e li faccio scolare bene, a questo punto sono pronti per essere usati.    Dove e come usarli: ad insalata allo stesso modo dei fagiolini, saltati con i pomodorini, pasticciati,  in una gustosa frittata, pastellati (nella foto), ed infine in ottimi condimenti per la pasta

La cuccìa, il piatto tradizionale che, per Santa Lucia, unifica la Sicilia

Vi do la mia ricetta supercollaudata; io, una volta condivisa con parenti ed amici, ne conservo una parte congelandola nel suo brodo, per  i figli e i nipoti che la vorranno mangiarla anche in estate, ne conservo un’ altra parte, ben lavata del suo amido, per accompagnarla al minestrone o per confezionare meravigliose pastiere.
La sua preparazione è un po’ lunga e laboriosa, io comincio la sera del 10, dopo avere mondato il grano lo lavo e lo metto in abbondante acqua fredda e, cambiando almeno un paio di volte al giorno l’acqua, ve lo tengo fino al pomeriggio del 12 (più o meno tre giorni). Quindi in un pentolone –si deve considerare che durante la cottura raddoppia il volume-  la metto a cuocere in acqua fredda, a fiamma vivace fino a quando non sale il bollore, poi a fiamma bassa. Bisogna schiumare spesso all’inizio e rimescolare di tanto in tanto;  lasciare cuocere  fino a quando il frumento non comincia a rilasciare l’amido; ci vorranno dalle tre alle quattro ore, si capirà quando è il momento giusto perché l’acqua di cottura si comincerà ad intorbidare con un residuo biancastro. L’acqua di cottura deve essere sempre abbondante, se necessario integrarla con altra acqua bollente, la cuccìa non deve mai perdere la temperatura di bollore. A questo punto spegnere, coprire bene la pentola ed avvolgerla tra le coperte di lana. L’indomani mattina, sciogliere il sale nell’acqua calda ed aggiungerlo alla cuccia che troverete abbastanza compatta per l’amido rilasciato. Non è necessario rimetterla sul fuoco, farlo solo quando si sta per mangiarla e, anche allora, conviene riscaldare solo la quantità necessaria. A questo punto gustarla come si preferisce.

Mostarda di fichidindia

La mostrada o gelo di fichidindia è un dolce della tradizione siciliana, si fa con il succo di fichidindia ristretto o con il mosto cotto, si mangia come un gelo, appena raffreddato, oppure, messo nelle formine o in un contenitore piano si fa asciugare  al sole per consumarla in inverno: insieme ai fichi secchi e alla cotognata asciugata allo stesso modo era il dolce delle feste,"portato" ai bambini buoni dai Morti o dalla Befana!


Dosi per un litro di succo di fichidindia o di vino cotto già ristretto:
100g di amido o di farina 00, nocciole o mandorle tostate e tritate,  cannella e/o bucce di arancia 

Sbucciare bene i fichidindia, raccoglierli nella pentola e spremerli alla grossa con le mani; metterli sul fuoco, quando raggiungono l’ebollizione abbassare la fiamma e farli cuocere per mezzora almeno.
Scolare e setacciare la polpa; misurare il succo prodotto per calcolare l’amido o la farina ( 100g per litro); metterne da parte un terzo circa e porre l’altro sul fuoco. Stemperare con la frusta l’amido nel succo freddo messo da parte,e aggiungere il tutto pian piano al succo in ebollizione, facendo attenzione affinchè non si formino grumi; far cuocere ancora per una decina di minuti sempre rimestando (fare la prova del piatto umido, si dovrà staccare facilmente). Versare nei piatti o nelle formine inumidite con l’acqua, condire sopra con le mandorle tostate e tritate grossolanamente e con la cannella o l’arancia (gli aromi si possono mettere anche in mezzo).

Cassatelle di ricotta

Ingredienti

Per la pasta (buona anche per le chiacchiere): mezzo chilo di farina 00, 30g di strutto o burro, sale, qualche cucchiaiata di zucchero, 3 uova, vino bianco o vermouth quanto basta

Per il ripieno: 1 kg di ricotta di pecora ben asciutta, 300 g circa di zucchero, cannella, cioccolato fondente e buccia di arancia o limone

Preparare l’impasto consistente ed elastico e lasciarlo riposare in frigo. Intanto setacciare la ricotta e lavorarla con lo zucchero, gli aromi  e a piacere con scagliette di cioccolato fondente, se la ricotta è troppo asciutta aggiungere un po’ di brandy o un tuorlo d’uovo
Assottigliare la pasta (nella macchina a 4/5), ricavare dei cerchi, riempire con una cucchiata di ricotta, avvolgere come per un raviolo, tagliare avendo cura di lasciare un po’ di bordo e facendo ben aderire i lembi. Friggere in abbondante olio bollente, scolare e spolverare con zucchero a velo.

Sfingi all'aidonese

Fritelle tipiche della tavola natalizia

Ingredienti: farina di grano duro, lievito madre o lievito di birra (venti grammi per un Kg di farina), sale, acqua tiepida.

Si impasta come per il pane. Lavorando con le fruste, aggiungere ancora  acqua tiepida per ottenere un impasto morbido da prendere col cucchiaio.  Coprire e lasciare lievitare; attenzione alla grandezza del contenitore l’impasto raddoppia con la lievitazione!

Friggere a cucchiaiate in abbondante olio bollente, asciugare su carta assorbente e spolverare con zucchero a velo, o semolato o con miele allungato con un cucchiaino d'acqua o succo d'arancia  e cannella.

 

Cuccìa

E' il cibo del giorno di Santa Lucia, a ricordo di una carestia vinta con l'arrivo, per intercessione della Santa,  di un carico di frumento. Se ne faceva una grande quantità, come ex voto, da distribuire ai vicini e ai poveri, dopo averla benedetta durante la messa del mattino. Oggi si fa anche per il  piacere di onorare la tradizione e gustare un piatto semplice. La preparazione è lunga (tre giorni) e laboriosa. Nella nostra tradizione si mangia semplicemente condita con olio.

Mettere il grano duro a bagno per tre  giorni, in acqua fredda, cambiando  almeno una volta al giorno l'acqua.  Quindi, nel pomeriggio della vigilia, metterla sul fuoco in acqua fredda abbondante a fiamma vivace finchè non sale il bollore. Schiumare, se necessario, coprire e lasciare cuocere a fiamma molto bassa per almeno tre ore, mescolando di tanto in tanto e se necessario aggiungendo acqua bollente. Sarà pronta quando l'acqua comincia a diventare lattiginosa per l'amido che fuoriesce. A questo punto spegnere la fiamma e avvolgere la pentola fra le coperte, lasciando riposare il frumento per tutta la notte. Il mattino seguente  sciogliere il sale in un pentolino d'acqua e aggiungerlo alla cuccìa mescolandola tutta facendo attenzione di rigirarla da fondo; si può già mangiare condita con olio extravergine di olive e a piacere pepe o peperoncino.

* Secondo la tradizione prima di salare se ne prende una ciotolina e si fà benedire in chiesa dopo la messa a Santa Lucia, quella benedetta si rimescola con tutto il resto e poi, se si è fatta per devozione si offre una ciotolina a vicini e amici. 

** Si può servire anche con la ricotta fresca. 

*** sciacquata e asciugata si può condire con della crema al cioccolato o con la ricotta,  condita come per i cannoli.