O. Profeta "Odia il prossimo tuo" CAP. III

CAP. III

Erbita è un paese di montagna che si rispetta, e perciò tiene ancora ai suoi caprari all'antica, di quelli che sprezzano la città e portano sempre il berrettone di orbace, la giubba e i calzoni corti, le uose a ginocchio e i calzari di pelo.
Ma, tra tutti, uno sol ha smesso l'abito tradizionale, ed è Paluzzo, capraro « moderno », che indossa cacciatora di velluto oliva e guida le capre in silenzio, con una semplice verghetta di salice. Naturalmente c'è una ragione, ed è questa, che Paluzzo è un uomo di sostanza, vanta amicizie «positive» e quando scaglia una pietra è come se sparasse al bersaglio con la pistola.
Con tutto ciò, Paluzzo non sa leggere. Dimodochè, oggi, quasi dopo l'alba, passando per la piazza principale del paese, e trovandola inaspettatamente tappezzata di manifesti d'ogni colore, sui cantoni, sugli stipiti di pietra, sulle architravi, egli ferma la mandretta perchè vorrebbe rispondere all'interrogativo di Nerina, capra reggitora, la quale è impressionata specialmente da quel gran foglio bianco appiccicato al portone della casa Comunale: ma, nonostante la buona volontà di capire, Paluzzo è, come dice lui, con gli occhi chiusi perchè « non sa leggere ». E allora Nerina si alza sulle zampe posteriori, appoggia il naso al foglio misterioso su cui c'è una folla di segni che sembrano formiche, e comincia tranquillamente a mangiare la carta, dal basso verso l'alto. Il sole che sbuca dall'arco della Costa la trova che sta pasteggiando i nomi grossi della Giunta Comunale e confida al branco che « si tratta di elezione ».
In tal modo, Paluzzo può andarsene a vendere il latte e a propalar la notizia, in tutta segretezza, da uomo a uomo, certo di non essere smentito.

La crisi comunale fece grande impressione e molti n'ebbero maraviglia come di cosa arbitraria. Specialmente Trantulidda, il barbiere, non poteva darsi pace perchè, così, a morte. subitanea, il Consiglio non si può sciogliere, se non è chiusa la Sezione!
E questo ripeteva, ora, a don Marco, mentre gli insaponava la faccia; ma don Marco, che aveva i suoi guai, lo voleva convincere che in ciò che accadeva nulla vi era di straordinario, altro che il ripetersi della solita prepotenza.
- Oh sangue del diavolo!- scattò il barbiere. - Qua il fatto è che gli uscenti sono del blocco: e non hanno competitori, si persuade? Questa è la storia.
Il vecchio si lasciò scappare di bocca che questo avveniva perchè il paese era una mandra di pecore.
E qui bisogna sapere che Trantulidda è un sapiente; e, come tale, non si serve del vocabolario comune a tutti, ma ne ha uno per ogni circostanza: e queste circostanze sono catalogate: di prima, seconda o terza categoria. Alla frase di don Marco, egli capì che bisognava opporre un linguaggio di «prima categoria»: e, dopo una riflessione, disse:

- Na-tu-ra-lmiente, professore, c'è più e c'è meno! Per me, sono pronto ad affilare le armi! E se la testa mi gira, ci pianto un mitingio e buona notte.

(Mitingio, nel suo vocabolario, è il «meeting» ).
Don Marco avrebbe voluto tacere, perchè (ora che il barbiere aveva cominciato a raderlo) temeva che la passione del discorso gli facesse maggiormente tremare la mano, già troppo incerta per non destare apprensioni: ma, quando si accorse che il silenzio non giovava, disse che si, andava benissimo: però... “non sarebbe meglio affilare prima questo rasoio che non taglia?”
Trantulidda parve toccato nel vivo e divenne serio; poi si pulì le mani come Pilato e smise di servire il professore affidandolo, invece, al giovane apprendista, al quale raccomandò di stare attento ai ruderi (il che, nel suo vocabolario, significava: - stare attento alle rughe ).

Ed eccoci alla « Scéusa », che è l'Ascensione di Cristo: festa di rugiada e di vita, in cui tutti i fiumi della Sicilia, a mezzanotte, diventano bianchi, e ogni spiga vuota si colma.
All'Avemaria, la signora Assunta uscì sullo spiazzo a prendere un po' d'aria, e, camminando camminando, quasi senz'accorgersene, scese verso il canneto, ch'era tutto un ondeggiare silenzioso di pennacchi d'argento.

Dal giorno in cui si era incontrata con don Gregorio e aveva appresa per prima la nuova infamia del sindaco, si può dire che non aveva più dormito e nella veglia di ogni notte il suo grido di maledizione «castigo di Dio!» le tornava insistente all'orecchio e la ossessionava, come se un'ala nera le proiettasse l'ombra sul cuore.
... Il Ferrante, l'eredità del diavolo era stata la rovina! il pomo della discordia. Ma come cederlo, e perché cederlo alla prepotenza del sindaco?... Piccolo, si: un fondicello di poche spanne: ma ci sono trenta ulivi: l’olio per tutto l’anno.

… Oh giustizia di Dio!...
Ecco, l'odio non si acqueta e insiste nel pensiero, le si aggrappa alle vesti, vuol trascinarla nella perdizione.
Eppure, stasera, tra poche ore, Cristo verrà a mantenere la promessa fatta ai discepoli, entrerà nella chiesetta di Casinella; oh Signore! Prima della messa, bisogna confessarsi a padre Allegra...

Qualcuno chiama, dalle case: la cercano. Il cuore le balzò in gola, come se l'avessero scoperta a rubare. Benedetto cuore sempre vigile e pronto a staccarsi dalla carne, come se volesse andarsene per conto suo. Quand'erano in pace, col sindaco, egli (che è anche medico), le aveva ordinato di non affannarlo e di sostenerlo con le medicine: ma le medicine, si sa, costano care e servono un momento; poi, non si guarisce di certi mali!

- O mamma...
Era Bruno, il più piccolo dei maschietti, che di nuovo la chiamava.
- Vengo, vengo! Amore di Dio! (Ecco: anche se rispondi al figlio, pare che gli invochi il bene sulla testa, ma è un'imprecazione!)
Si mosse, piano piano, stanca e quasi ansimante; allo sbocco del viottolo, proprio all'incrocio con la mulattiera, Bruno l'aspettava agitando le mani per incitarla a camminare più presto; e quando l'ebbe vicina corse ad abbracciarla alle ginocchia. Essa lo prese in collo e con la nocca del grembiale gli terse i «candelini» del naso, mentre l'anima le si rasserenava, nell'odor d'innocenza che nasceva dal- la testina nera del figlio e da tutta la campagna.
- Dove sei stata? - domanda Bruno. - Vuoi scappare?
- Eh, Eh, si si: qualche volta scappo davvero e non torno.

Il fanciullo le diede una manata e fece il broncio: dovette quindi assicurargli che aveva scherzato e che « la mamma non se ne va mai, nemmeno quando muore ».
Bruno non pare convinto: lo dirà al Signore, stasera che gli porterà i fiori, con le sorelle e le cugine.

- Si... Ma ora scendi, mamma tua: mi gira la testa...
Non potè proseguire, perchè il cuore le si fermò e poi prese a fare come un pazzo: dovette sedersi per terra. E Bruno corse in casa, gridando che venissero presto, chè la mamma era caduta.
Ma la poveretta si riprese subito; e quando vide attorno a lei le sue creature e il marito, povero vecchio tutto spaventato, ebbe pietà di se stessa e degli altri e si mise a piangere come una bambina.
Le due figliole la presero in mezzo intrecciando le mani dietro le sue reni e camminarono così, quasi reggendola di peso, senza dir nulla: poichè sapevano che la madre, poverina, soffriva di cuore e attribuivano a ciò la sua stanchezza e il pianto.
Davanti alla porta, ad attenderli, era rimasta Letizia: con le braccine strette alla vesticciola di zaffiro, da cui le mani sbocciavano come due rose da un cespo di pervinca. La signora Assunta şi maravigliò che l'avessero vestita già così presto; ma Teresa spiegò che, quest'anno, la messa di Scéusa è a un'ora di notte; e don Marco disse: « che questo avveniva perchè il povero padre Allegra, ormai, vedeva appena l'ombra d'ogni cosa ».
- Fra qualche minuto giungeranno quelle « del Bonissore» - aggiunse Teresa.

- E allora, andate a vestirvi anche voi: io sto bene, oramai.

Le ragazze obbedirono ed entrarono in casa. La signora Assunta e don Marco sedettero davanti alla porta; e pensavano alla stessa cosa.

- L'hai visto, oggi, il pretore?
- Si...
- Che t'ha detto?
- Nulla...
Il sole calava dietro i monti e la testa della donna, nel riverbero, pareva d'oro; il vecchio la guardava teneramente e siccome l'emozione gli gonfiava il cuore, trasse la tabacchiera e si voltò dall'altra parte.

Tutta la campagna pareva adagiarsi in un silenzio di pace, interrotto soltanto, di tratto in tratto, dall'eco di una fucilata lontana che si ripeteva opaca e smorzata in giro fino alla valanga della Mulera; poi, più tardi, come il cielo divenne turchino e anche le schioppettate cessarono, il vento cominciò a piegare le cime delle betulle, e dappertutto, verso Malaricotta o più vicino, alla Ginestrella, o lassù, presso il Neggio, a destra, in basso, in alto, svamparono le luminarie. Allora dal Bonissore giunse il suono della « brogna », la conchiglia marina che serviva ai villeggianti per le segnalazioni lontane; e, dopo un momento, si potè udire, appena riconoscibile, la voce di Albina, la gaia fanciulla che ogni anno, all'Ascensione, offriva agli amici e ai parenti in campagna, tutte le rose del Bonissore.
A questo richiamo, Mariuzza e Annetta corsero ad aiutare le cugine a vestirsi; e così, presto presto, furono tutti pronti e poterono incamminarsi: le ragazze e i maschietti avanti, la signora Assunta dietro, con Letizia in braccio.

Presero la mulattiera dietro le case, s'inerpicarono tra fichi d'India e sommacco-arbóreo, passarono dalla spianata del gelso ed entrarono nella querceta che divideva giusto giusto le case del Poggio da quelle del Bonissore. E qui giunsero, accolti festosamente da Albina, mentre i massari stavano parando le bestie per la Benedizione: e c'erano muli e asini bardati a colori, con le testiere piumate e le code a treccia; vacche dai collari di legno scolpito, caprette coi sonagli di rame, pecore coi fiori di balaco tra le orecchie..
Appena pronti, partirono a carovana; e oltrepassata Portella sulla roccia della Zolfara, tra il vocíar dei bovari che guidavano le mandre al rito della benedizione, giunsero alla chiesetta di Scéusa, costruita sopra un picco e incatenata da antichi tralci di rose, le quali s'indovinavano ogni volta che il vento ne coglieva il profumo o brillavano, bianchissime, ad ogni sfiammare delle luminarie li intorno.

Non era suonato ancora il segno di campana che permettesse l'ingresso ai devoti: tuttavia la signora Assunta raccomandò i bambini alle figlie e, tenendosi Letizia in braccio, si fece largo tra la folla ed entrò.
A tutta prima, a venir da tanta luce di fuoco vivo, non ci vide più, come se avesse chiuso gli occhi; ma poi, a poco a poco, riconobbe il santo luogo dal senso di leggerezza riposante che la divinità le metteva nel sangue: vide il minuscolo Redentore, in fondo all'abside; e si lasciò camminare, come un automa, con gli occhi fissi a Lui.
D'un tratto, la voce, la invocazione peccaminosa dell'altra donna ch'era in lei, gridò nella sua carne: « castigo di Dio!... »
Allora si fermò, un attimo; poi si mise a correre ed entrò nella sagrestia, mentre padre Allegra, dritto e magro, col bellissimo volto illuminato dai capelli bianchi e dagli occhi celesti, stava mettendosi la stola.
Il sacerdote la lasciò parlare senza interromperla; poi la fece alzare e le spiegò che Dio non vuole e non può esser congiunto alla nostra gioia o alla nostra tristezza, se non per vincolo di amore: chiamarlo con voce cattiva, significa credere ch'Egli possa essere agitato, insieme, dall'odio e dall'amore, mentre Egli è soltanto la Grazia.

Bisogna far penitenza, figlia mia. Domani, alla processione, vada scalza e si umilii... Ed ora, andiamo che è tardi.

All'alba del giorno dopo, mentre ancora i suoi sonnecchiavano, la signora Assunta balzò dal letto.
- Dove vai, così presto? - le chiese il marito.
- Non è presto - rispose. - Fanno già le « fumate », senti?

Si udiva, infatti, il litaniare dei pastori e dei contadini del vicinato, i quali, avendo accese le cataste di legna verde, appositamente preparate, ne seguivano religiosamente il fumo e pregavano che il vento lo volgesse alla salute della terra e delle mandre.
Don Marco prese a vestirsi anche lui e andò a guardare dalla finestra: pareva proprio che la terra si aggrappasse al cielo per non traboccare nel nebbione che colmava le valli e la piana sterminata; ora, ecco il sole, netto e fiammante dietro il cratere del Monte: e tutta la stanza s'indora e sui letti, ove dormono i figli, brillano mani d'angeli, ròsee nudità di fanciulle.
Più tardi escono tutti all'aperto e scendono a lavarsi nell'acqua «serenata» del Canale, secondo il rito dell'Ascensione: ma ecco che, dall'alto, appare improvvisamente don Berto, lancia una pietra e poi corre giù nella macchia e ne sbuca stringendo il collo di Giudé, lo sciancato: il quale, poichè è malato di gozzo e si vuole guarire, è andato a morsicare la scorza del pesco, nel frutteto.
Don Marco agguantò il fratello e lo fermò:

- Lascialo stare, - gli disse. - Non la cominciare così, la tua giornata!
- Oh, oh! guardatelo, Giuseppe d'Arimatéa - lo beffò don Berto. E avendo aperto il pugno che stringeva Giudé, scivolò dietro lo spigo, verso la chiusa.