Impellizzieri: Settimana Santa Aidonese

Vincenzo Impellizzieri : Settimana santa aidonese

 

Per festeggiare la Santa Pasqua, la seconda in tempo di pandemia, lontano dagli affetti più cari, Vincenzo Impellizzeri fa omaggio ai suoi compaesani di un interessante libretto sulla Settimana Santa e la Pasqua in Aidone. Il frutto di un lungo lavoro di ricerca, di vicinanza, di ricordi. Il libretto non ha la pretesa di esaurire l'argomento ma offre una buona informazione non solo ai forestieri, ma soprattutto agli stessi aidonesi, lasciandoci con la voglia di saperne ancora di più. Pigiando sulla icona seguente si può scaricare il libretto in formato PDF. Buona lettura e grazie a Vincenzo per l'affetto con cui continua a seguire il suo paesello che ha dovuto lasciare da tanti anni. 

CLICCA SU QUESTA ICONA PER SCARICARE IL FILE  DEL LIBRETTO IN FORMATO PDF

Un piccolo saggio del libretto: L'introduzione per mano dell'autore.

INTRODUZIONE
Sulla Settimana Santa Aidonese sono poche le notizie scritte a noi giunte, pertanto abbiamo per lo più una tradizione orale tramandata nei secoli, che ci fa capire lo svolgersi degli eventi, che la caratterizzava. Troviamo cenni sullo svolgimento della stessa, nel libro del romanziere aidonese
Ottavio Profeta “Sicilia Favola Vera”. Ai nostri giorni l’avvocato Gaetano Millili nel suo testo “Poesie e proverbi nella parlata galloitalica di Aidone”, non manca di fare cenni, fatta eccezione per lo svolgersi della domenica di Pasqua, in quanto ne parla in maniera più ampia e particolareggiata. Da una ricerca fatta da Alessandra Mirabella, apprendiamo come anche lo scrittore Giuseppe Pitrè in “Cartelli, pasquinate, canti e leggende, usi del popolo siciliano raccolti e illustrati”, mostri lo svolgersi
della discesa della croce il Venerdì Santo alla fine del secolo  XIX. Questa nostra tradizionale manifestazione religiosa nel XX secolo, anche se in piccole cose, ha subìto ancora diversi
cambiamenti. Il contesto della Settimana Santa per la nostra locale comunità, come in tante altre della nostra terra sicula, veniva ad essere contraddistinto anche da alcuni comportamenti di vita quotidiana. Riti, scenografie, lamenti, processioni e tradizioni si mescolano in un “UNICUM” a
creare quel clima di sacro e di pietà popolare religiosa. Il sacro periodo veniva così ad essere contrassegnato, oltre che da processioni, anche da digiuni nei giorni prescritti e non solo: il digiuno prescritto il Venerdì Santo, veniva esteso persino agli animali da sòma, da traino e domestici! Questo
mi veniva tramandato da diversi anziani e dal vecchio clero locale, proprio per l’alto senso di religiosa pietà. La Settimana Santa è stata sempre contrassegnata da diversi momenti, nei quali si vivevano sentimenti di fede e tradizione. Certamente l’evoluzione dei tempi e la modernizzazione che avanza, hanno fatto sì che in alcune sue parti fosse snellita o addirittura alterato il senso ed il
modus operandi. Ad esempio, da un vecchio statuto della confraternita di Sant’Anna del 1835, apprendiamo anche l’abbigliamento dei confrati, formato da tunica, cappuccio, mantellina e altri ornamenti di vestiario, che ne caratterizzavano l’aspetto. Oggi tutto ciò, viene ad essere sostituito da una fascia di diverso colore con stemma di appartenenza, che dalla spalla sinistra passa trasversalmente sul petto, fissata sul fianco destro. Certamente il senso religioso del popolo ha fatto sì che, alcune peculiarità del sacro periodo, potessero arrivare fino ai nostri giorni. Queste consistono: nell’apertura del portone la domenica delle Palme in chiesa Madre, i lamenti, il precetto pasquale dei confrati, il trasporto del simulacro del Cristo morto il
Mercoledì Santo, la visita dei sepolcri il Giovedì Santo e la scenica discesa dalla croce il Venerdì Santo, per arrivare alla caratteristica Giunta di Pasqua con gli Apostoli “i Santi”.
Come detto, alcuni di questi caratteristici eventi, hanno subìto variazioni o anche sospensione, dovute sia a nuovi ordinamenti di carattere religioso, come anche a divieti dell’autorità religiosa e civile, come la Pasqua del 19602.Ai nostri giorni, agli inizi del 1950, la confraternita dei
Bianchi si scioglie e il simulacro del Cristo morto passa ad altra eredità a precise condizioni, sia sulla conservazione della statua lignea, come anche sullo svolgimento della processione il Venerdì Santo. Verso la fine degli anni settanta, fanno la loro comparsa diversi personaggi durante la discesa dalla croce, legati al racconto evangelico della crocifissione. Questa sacra rappresentazione oggi è stata
ulteriormente arricchita da altre comparse sempre più fantasiose, dandole un significato allegorico in attinenza al momento vissuto: angeli, soldati, persone in costume, chiodi, martello e corona di spine fanno la loro scena unitamente a un simulacro dell’Addolorata con ragazze per il trasporto in veste azzurro scuro con mantellina nera. Lo scrittore Giuseppe Pitrè3, parla di questa sacra
rappresentazione del Venerdì Santo verso la fine  dell’Ottocento, dandoci una chiara testimonianza della presenza di personaggi in costume inseriti nella scena della discesa dalla croce. Alla luce di quanto citato, ho voluto comporre questo scritto al fine di dare il mio apporto di testimonianza sulla Settimana Santa aidonese, onde evitare l’inquinamento o il divulgare di fantasiose notizie, non
appartenenti alla nostra tradizionale “Settimana Santa”,Domenica di Pasqua compresa, nella sua interezza.
 

Mercoledì Santo
Questo giorno è caratterizzato dal trasporto del simulacro del Cristo morto presso la chiesa Madre. Da secoli questo trasporto del popolo aidonese ha suscitato sentimenti di profonda pietà cristiana. Fino agli anni Cinquanta il simulacro era posseduto da una congregazione, detta dei Bianchi, fondata nel 1600 sotto il titolo di Pace e Carità, composta dalla locale nobiltà7. La denominazione “Bianchi” viene dato dal vestiario processionale in uso: tunica, calzari e cappuccio che copriva il volto di colore bianco. Questa confraternita, fino agli anni Trenta, era di istanza presso la cappella detta Sacro Cuore, annessa alla chiesa di Santa Maria la Cava; una volta terminati i lavori di restauro, il
parroco del tempo don Lorenzo dott. Milazzo ne incorporò il fabbricato. Per tale motivazione si trasferirono presso la chiesa di San Francesco, detta dei Cappuccini. Il trasporto della statua del Cristo morto ha sofferto un po’ di traversie nel tempo, fino ai nostri giorni, subendo spesso profonde
modifiche. Nella sua forma originaria, questo atto non veniva inteso come una processione, poiché non doveva esserci concorso di popolo; infatti, tutto avveniva a fine giornata inoltrata, con il favore del buio, affinché nessuno potesse assistere a questa che, concretamente era un’operazione preparatoria ai riti del Venerdì Santo. Tale tipico trasporto, operato da portatori con veste bianca dal
volto coperto da cappuccio e ad ora tarda, fa nascere i detti “a muccìun” o “rubàt”, vale a dire di “nascosto”, o “rubato”. Una volta giunto in Chiesa Madre, il simulacro veniva riposto dietro l’altare maggiore per poi essere svelato due giorni più tardi. Nel periodo bellico ultimo, il parroco don Angelo Minasola ne alterò l’azione, ponendo il simulacro del Cristo morto alla pia venerazione della gente che, a frotte, si portava e riempiva la navata della chiesa, con lo scopo di venerarlo e rivolgergli preghiere, suppliche e richieste, spesso connesse al periodo e alle necessità del momento. Tale segno di omaggio e venerazione resistette fino al 1988, quando il nuovo parroco don Felice M. Oliveri ne riporta il trasporto alla sua forma originaria, causando il declino del tradizionale bacio del Cristo morto. In questo giorno sono state proposte altre manifestazioni, che però non hanno trovato gradimento e durata nel tempo. 
Da diversi anni il Cristo morto è di nuovo posto alla venerazione dei fedeli, come nei tempi passati. Visto il degrado in cui versava il simulacro, con l’autorizzazione della sovrintendenza di Enna, sono stati eseguiti dei lavori di restauro. Il parroco don Felice M. Oliveri e la comunità locale hanno contribuito economicamente a tale fine. Oggi per preservare il simulacro, si vieta di toccarlo e quindi non è più possibile omaggiarlo con il tradizionale bacio. 

7 (cfr.) - Sicilia favola vera - Ottavio Profeta - Vol. II pag. 92 e ss.