Morgantina. La ricerca continua

“Morgantina nuove scoperte da vecchi scavi”

Da una conferenza del professore Malcom Bell - 17.10.2012

Il professore Malcom Bell, responsabile della Missione Archeologica della Università della Virginia, da decenni presente a Morgantina, e quindi in Aidone, di cui è cittadino onorario, ha tenuto la prima delle quattro conferenze, organizzate dal Parco Archeologico nell’auditorium del Museo Archeologico. Il breve ciclo è stato intitolato “Storie di storia per Morgantina”; la conferenza di Malcom Bell intriga fin dal suo titolo “Morgantina. Nuove scoperte da vecchi scavi”, come a dire che la sua ricerca e il suo studio oggi è consistito nel ricostruire ed interpretare vecchi scavi, scavando questa volta tra le numerose casse di reperti catalogati e conservati gelosamente.

Dopo la presentazione del Direttore del Parco, Enrico Caruso, che ci ha tenuto a evidenziare il ruolo sempre più importante che Morgantina riveste per studiosi ed appassionati ma anche semplici visitatori, al punto che oggi il Museo di Aidone è il secondo in Sicilia per numero di visitatori dopo quello di Agrigento, il professore Bell ha anticipato i risultati di studi e campagne di scavi che saranno oggetto di una sua prolusione alla normale di Pisa e materia di una sua prossima pubblicazione da titolo molto suggestivo “Commercio interstatale e architettura di invenzione dell’agorà di Morgantina”.

Con il suo impeccabile italiano, dall’esotico timbro americano, ci ha condotto in un viaggio doppiamente affascinante, per quei luoghi che avevamo imparato a conoscere, ad amare, ad immaginare nel la loro vita precedente, facendoci scoprire che hanno ancora tante cose da raccontarci e che nelle loro viscere conservano ancora segreti che attendono di essere svelati.

Ha illustrato i risultati degli scavi dell’Ecclesiasterion (nell’agorà) , effettuati nel 1985 e nel 1992, che hanno rivelato, tra l’altro, la presenza massiccia di reperti punici in numero tale che inducono a ripensare i rapporti tra i Punici-Cartaginesi e le città greche della Sicilia orientale gravitanti nell’orbita Siracusana, così come erano stati ricostruiti finora sulla base soprattutto di fonti storiografiche. Si è soffermato poi a lungo sulle tecniche costruttive della Casa Fontana, come in inglese è denominata la Fontana Monumentale edificata nell’angolo nord dell’agorà.

1. Gli scavi nell'Ecclesiasterion e la presenza di anfore e monete puniche Lo scavo di due trincee sotto il livello della Gradinata dell’Ekklesiasterion, nel 1985 e nel 1992, (scavo poi ricoperto) ha rivelato cinque livelli di pavimenti di terra battuta e altrettanti strati di discarica e depositi alluvionali, risalenti tutti al regno di Gerone II, tiranno di Siracusa dal 270 a.C. al 215. In queste discariche abbondavano monete, coltelli, ami da pesca e soprattutto cocci di vasellame con tracce del loro contenuto (anche tracce di squami ben conservate), in genere pesce di mare forse salato (questo giustificherebbe la distruzione di queste anfore che, una volta usate per conservare e trasportare il pesce, non erano più riutilizzabili). Nel corso di questi scavi è stato anche scoperto un edificio, preesistente e demolito forse poi per fare posto alla Gradinata, costituito da sei botteghe, tra cui quelle del pescivendolo e del macellaio.

Dai vari livelli sono emersi una quantità notevole di reperti: monete puniche e greche (una di bronzo di Gerone II, la classica con Poseidon e Tridente), una collezione straordinaria di anfore puniche (oltre 278 orli di vasi diversi di cui oltre il 50% punici) un vero e proprio tesoro per gli archeologi e per gli storici che permette di riscrivere i rapporti tra i punici-cartaginesi e le città della Sicilia orientale. E' infatti la prima documentazione nella Sicilia Orientale della presenza di prodotti punici, provenienti sia dalla Sicilia occidentale che dall'Africa settentrionale, e indica un grande fervore di commerci a Morgantina, oltre che con le altre città greco-sicule anche con quelle fenicie. I resti di anfore sono collocabili in un periodo che va dalla seconda metà del IV secolo alla metà del terzo, sono presenti in tutti i livelli della discarica con un aumento considerevole negli strati più recenti, nell'ultimo strato addiritura 77 anfore puniche a fronte di 19 greche (gli archeologi sono letteralmente "annegati" nei cocci!).

Queste rilevanze archeologiche sembrerebbero in contrasto con le fonti scritte che vogliono Siracusa nemica di Cartagine in questo periodo. Riepilogando, i risultati di questi scavi ci dicono che:

- all'inizio del III sec. a.C. l'area dell'agorà inferiore ospitava delle botteghe commerciali, ma c’era anche una grande una discarica;

nel nuovo assetto urbanistico promosso da Gerone vengono demolite le Botteghe. al loro posto e nell’area della vecchia discarica nasce l'Ekklesiasterion, un edificio unico nel mondo greco, e poi il Teatro, le stoai, la Fontana, le grandi case, tutti segni di prosperità, come il mosaico di Ganimede raffinatissimo nella sua cornice a meandro prospettico.

2. “Architettura di invenzione” nella Casa Fontana. Una parte importante nel nuovo assetto urbanistico di Morgantina riveste la cosiddetta Fontana Monumentale o come suona in inglese la Casa Fontana, cosiddetta dalla sua struttura architettonica tipica delle case. La grande fontana monumentale, che chiude nell’angolo di nord-est l’Agorà superiore e costeggia l’arteria principale la Plateia A, è stata fin dalla sua scoperta un rompicapo per archeologi, ingegneri, studiosi dell’arte e degli ordini classici. Nuovi studi hanno permesso di scrivere, forse, una parola definitiva nella sua ricostruzione. Alcuni aspetti particolari sono stati ancora una volta oggetto di attenzione: il sistema di fornitura di acqua, dal momento che si è accertata l’assenza di sorgenti e fornitura diretta; lo stile architettonico delle colonne e della trabeazione del bacino interno (riflessa nel bomiscos, l’altarino, degli Argenti ed in altri altari domestici di terracotta), l’ordine misto che tanto piacque ai romani (teatro di Marcello); la presenza di colonne “rustiche” frutto della volontà dell’architetto o che altro? L’edificio è composto da due bacini, uno esterno ad U, (capiente circa 24.00 litri) e l’altro centrale e quadrato avente funzione di cisterna (capiente circa 10.000 l), sul bordo del bacino interno stava un elegante edicola di ordine misto, dorico per quanto riguarda le colonne, il capitello e il fregio, ionico nella cornice. Fin qui quello che si conosceva, le novità riguardano l’alimentazione della Fontana in quanto risulta difficile capire come questo importante “monumento” potesse essere fruibile per tutto l’anno dal momento che le statistiche ci dicono che in Aidone il 73% della piovosità annuale è concentrato fra ottobre e marzo e il clima di allora non doveva essere molto diverso di oggi. È certo che la Fontana non aveva a monte una sua sorgente, si alimentava con l’acqua piovana raccolta dal lungo tetto dello Stoà est (circa 100 metri), ma per buona parte dell’anno restava a secco, ecco quindi che la condotta idrica, proveniente dalla sorgente presso le case Vinci che riforniva tutti gli edifici dell’agorà, interviene ed alimentava il bacino inferiore; questi accorgimenti fanno capire ancora una volta la prosperità di questa città. Un altro segno di questa prosperità è l’elegante colonnato dell’edicola interna, nell’ordine misto –dorico nei capitelli e la trabeazione, ionico nella cornice- che tanto piacque ai Romani che forse proprio da qui trassero ispirazione (un esempio è nel Teatro di Marcello). Ma nella classicità dello stile si inserisce un elemento di originalità dirompente: le colonne doriche prive di scanalature, addirittura ancora rozze, in contrasto con la perfezione e l’eleganza del capitello. Secondo il prof. Malcom Bell, le colonne rustiche erano state lasciate così per una precisa volontà stilistica. La sua tesi è supportata da: a) un’analisi attenta delle colonne ritrovate (oggi montate insieme alla trabeazione ed alla cornice in una sala del Museo) che non ha rilevato nessuna traccia di intonaco né di pittura; b) esempi di questa “originalità”, di questa idea dell’incompleto come precisa volontà dell’architetto, visto come un superamento dei canoni classici, trovano conferma nel mondo greco, il prof. cita il tempio di Atena a Pergamo che la piccola Fontana in qualche modo ricorda anche nel suo complesso.  F. Ciantia

Una guida d’eccezione per una visita eccezionale

4 ottobre 2012

Soci e simpatizzanti dell’Archeoclub Aidone-Morgantina, hanno visitato Morgantina con una guida di eccezione, il prof. Malcolm Bell III della Virginia University, Direttore della Missione archeologica americana a Morgantina, cioè uno tra gli studiosi più competenti della città in tutte le sue facies: sicula, greca, ellenistica e romana per esperienza diretta. La visita si è svolta nel pomeriggio del 4 ottobre 2012, il professore, facendo seguito ad una precedente guida nelle case del Quartiere Ovest, si è soffermato delle rivelazioni teorizzate alla luce degli ultimi scavi . Le “novità” più interessanti, riguardano la straordinaria rilettura del Santuario centrale dedicato alle divinità ctonie, la “scoperta” dell’agorà inferiore riscoperta quando finalmente è stato rimosso tutto il terreno che vi era stato scaricato nel corso dello scavo dell’Ekklesiasterion, nei lontani anni 50 (gli anni dell’inizio dello scavo della città), la datazione della grande fornace addossata alle mura meridionali. Partiamo da quest’ultima emergenza: la Grande Fornace è addossata alla cinta muraria meridionale, addirittura a ridosso della porta sud, la più importante della città; questa posizione per una fornace che, date le dimensioni, doveva avere una produzione di tipo industriale, è spiegabile se si parte da due presupposti: 1) la fornace è di epoca romana, per meglio dire ispanoromano, quindi viene costruita quando le mura della città erano state distrutte a seguito dell’occupazione romana del 211 a.C., la fornace è coerente con la costruzione di innumerevoli fornaci di tutte le dimensioni, compresa quella costruita nel vicino Granaio-est, e denotano un grande fervore economico e produttivo. 2) Le mura non furono più ricostruite, Roma regalò la città ai mercenari ispanici di Moerico, ma, per una precisa scelta strategica, non permise più che fosse protetta da mura. Una rientranza tra le mura conduceva alla porta principale (la PORTA SUD) che sorgeva accanto al granaio est, vicina anche al secondo granaio, che sorgeva un po’ più a ovest sull’asse del rudere della casa dell’ing. Pappalardo; il granaio est è di epoca ieroniana mentre quello ovest lo precede di una ventina di anni, è anteriore al 280 a. C. Oltre la porta, tre i due granai, c’è una piazza, quell’agorà inferiore scoperta da poco, da quando cioè fu rimosso tutto il materiale che vi era stato scaricato negli anni 50 quando si lavorava per liberare la grade scalinata (il materiale rimosso in questa occasione è stato depositato e spianato sul cosiddetto Gimnasium, sarebbe bello un giorno poter visitare questa porzione dell’agorà insieme al prof. Bell per conoscere i nuovi orientamenti sulla interpretazione dello Stoà nord. Immaginiamo il movimento di carri che doveva esserci in questa piazza, i carri siracusani che prelevavano la decima, i carri pieni di mercanzia, provenienti dalle altre città greche ma anche da quelle fenicie della Sicilia occidentale se non addirittura da quelle africane, che rifornivano i vicini mercati e le botteghe (da questi scavi ne sono emersi tre: una serie di botteghe nella piazza cinta dalla Scalinata, un mercato coperto, una specie di centro commerciale ante litteram, ricco di 36 botteghe che occupava il lato nord del Santuario Centrale, una serie di botteghe nell’agorà inferiore di fronte al Granaio est) e una folla di gente che da tutta la città arrivava qui per fare i suoi acquisti.

Una rilettura del Santuario centrale di Morgantina

Il santuario delle divinità ctonie di Morgantina posto al limite sud dell’Agorà ha una storia molto antica e misteriosa. Nelle sue parti più antiche risale al V secolo (monete del V secolo sono state trovate nel cortile nord del santuario, in un pozzo) e la sua frequentazione come santuario continua fino agli inizi dell’era cristiana. Il prof. Malcom Bell ci ha permesso di ridisegnarne la storia rispetto a quella comunemente conosciuta. Il santuario è costituto da due parti ben differenziate divise da un muro ben individuabile. In epoca greca le due parti avevano finalità e usi completamente diversi:

- La parte sud, contraddistinta dai due altari circolari, era il vero e proprio santuario, costruito come una grande casa, con due brevi porticati a est ed a ovest, il cortile, i due altari (l’altare circolare più recente, forse adibito al culto delle divinità celesti e sovrastato da un piano che faceva da ara sacrificale, il secondo altare più antico è costituito da un bothros, dentro cui sono state trovate centinaia di lucerne, statuine, dedicato alle divinità degli Inferi). E ancora  il tempio vero e proprio, costituito dal Pronao che presenta ai lati due banchine di muratura sopra le quali venivano depositate le offerte, consistenti in oggetti di ceramiche ma anche nelle famose tabelle defixionis (vere e proprie maledizioni per procura), e dal naos o la cella con il piedistallo su cui prendeva posto la statua della divinità.

- La parte nord, in epoca greca, è un vero e proprio mercato coperto, con i negozi posti attorno al cortile centrale. Quelli addossati alla parete est, che davano verso l’agorà inferiore, avevano una parte sotterranea, forse adibita a magazzini, senza aperture verso l’esterno, vi si accedeva dall’alto, per mezzo di botole e scale di legno. Si contano almeno 36 negozi. Le stanze in fondo al cortile contenenti delle fornaci sono un ampliamento dei romani.

Dopo il 211 e la conquista romana, quando la gran parte dei santuari dedicati al culto di Demetra e Persefone vengono assaliti, saccheggiati e abbandonati, forse perché ritenuti centri della protesta contro Roma (lo si è potuto constatare dallo studio del piccolo santuario, denominato Santuario EST, posto lungo la strada che dai quartieri ovest costeggia il teatro, lo scavo rivelò un abbandono improvviso avvenuto nel momento del saccheggio, il luogo agli archeologi apparve come sigillato al momento del saccheggio e dell’abbandono e della devastazione del luogo. Vi furono trovati anche due scheletri, le offerte), il santuario centrale non solo viene salvato ma addirittura ampliato; la parte adiacente, prima riservata al commercio, viene recuperata al santuario e usata per il culto, si aggiungono due altari entrambi rettangolari, uno di pietra con piano sacrificale e l’altro a botros, dedicato alle divinità ctonie per accogliere le offerte votive, viene aggiunta la cosiddetta cassaforte nella quale sono state trovate un bel numero di monete. All’esterno tra il santuario e la gradinata dell’Ecclesiasterion, a partire dal settimo gradino (forse perché dopo il saccheggio anche l’agorà e parte della stessa gradinata appare interrata ed in stato di abbandono) sorge un grande basamento databile alla fine del II sec. a.C. che può configurarsi come il piedistallo atto a contenere una grande statua; un giovane studioso ha avanzato l’ipotesi che potesse esservi esposta la statua equestre di Verre, il famoso pretore portato in giudizio dai siciliani difesi da Cicerone. Lo stesso Cicerone parla di queste statue installate anche Siracusa ed a Taormina. Il santuario dell’agorà, in certo qual modo, ci racconta dei rapporti tra ispani e la popolazione superstite; molto probabilmente i soldati sposarono, con le buone o con le cattive, le donne del posto, si divisero gli edifici e la ricchezza saccheggiata, assorbirono la lingua e la cultura del luogo, mantenendo molte delle divinità trovate e aggiungendo forse le proprie. I santuari di Demetra e Kore furono abbandonati, forse perché ritenuti covo della protesta e della resistenza a Roma, ma in questo centrale si vollero mantenere il culto agli dei del posto aggiungendo però i propri. Un altro indice di questo rispetto nei confronti dei culti indigeni lo vediamo nel mantenimento del tempietto di Zeus nell’agorà, e nell’altare che venne inglobato nel Macellum con un ingresso del tutto indipendente dall’edificio commerciale.

Le archeopasseggiate - 2014

L'agorà con il Macellum in primo piano

Morgantina riscoperta. L'altare di Estia e il cosiddetto Gymnasium. L'agorà prima della conquista romana

16 Settembre 2014
Le archeopasseggiate dell’Archeoclub con guide di eccezione.
Negli ultimi anni l’Archeoclub Aidone-Morgantina si è fatto promotore di una iniziativa lodevole e culturalmente valida, l’ha chiamata archeopasseggiata, qualcosa tra una lezione di archeologia e una visita al sito archeologico di Morgantina con guide di eccezione; gli stessi archeologi, che hanno condotto le campagne di scavi, in modo generoso e con un linguaggio comprensibile ai non addetti ai lavori, condividono con i visitatori il frutto delle loro faticose ricerche; lo scopo, infatti, non è visitare la città nel suo complesso, ma ogni volta un manufatto particolare sul quale è stata condotta una nuova campagna di scavi.

Più volte a guidare i soci dell’Archeclub (ma anche tutti coloro che hanno voluto parteciparvi), è stato Malcom Bell III, professore emerito dell’Università della Virginia e direttore degli scavi americani a Morgantina, uno dei massimi esperti dell’antica città dell’entroterra siciliano. Nelle ultime due archeopasseggiate il professore ha condotto i visitatori prima nell’Ekklesiasterion, dove aveva fatto uno scavo che aveva evidenziato la presenza di un complesso di botteghe (in cui si vendeva anche pesce sotto sale -e la cosa in un paese dell’interno non era poi così comune- contenuto in anfore puniche, a testimonianza di un commercio vivace e frequente con i paesi del Nord Africa) antecedenti alla definitiva sistemazione della gradinata monumentale.

Più recentemente la visita ha riguardato lo Stoà nord dell’agorà, dove, nel corso degli ultimi scavi, è stato portato alla luce un altare dedicato ad Estia (la dea del focolare, custode del fuoco sacro) ed è stato possibile fare un’ipotesi più plausibile sulla funzione di questa imponente costruzione, dalla forma a doppia elle: era l’edificio principale della città, una specie di municipio, che conteneva il pritanèo dove si manteneva il fuoco sacro e si ricevevano gli ospiti illustri.

Nelle vecchie guide ancora si legge che questo edificio era il ginnasio, questa interpretazione è stata da tempo abbandonata, oggi si è più propensi a credere che, se un ginnasio c’era a Morgantina, è più probabile che fosse in contrada Agnese dove si trovano i due complessi termali. Due incontri sono stati tenuti dalla professoressa Sandra K. Lucore, l’archeologa che ha coordinato gli scavi delle Terme nord e quest’anno di quelle sud, insieme alla professoressa Monika Truemper.

La Lucore, con un linguaggio chiaro e semplice, ha illustrato l’edificio termale, le sue caratteristiche e il contributo che la sua scoperta ha portato alla conoscenza dei bagni pubblici greci di epoca ellenistica (anteriori a quelli romani più conosciuti e documentati), della loro architettura, dei sistemi idraulici e di riscaldamento. L’unicità degli edifici di Morgantina e la loro importanza per lo studio delle architetture urbanistiche è confermata nelle terme dalla presenza delle volta a cupola ed a botte, in tubi fittili, che ci testimoniano le ardite sperimentazioni di soluzioni architettoniche che a Siracusa si realizzavano sotto la guida del grande Archimede.

L’unicità degli edifici di Morgantina è stata evidenziata anche nel più importante edificio di epoca romana, il Macellum, nel corso della recente visita guidata dal professore Henry K. “Hal” Sharp. Il Macellum, posto al centro dell’agorà è uno degli esemplari meglio conservato, tra i più antichi macella, di epoca repubblicana, costruiti fuori dalla capitale (insieme a quello di Ostia e Pompei).

In questa “lezione”, il professore Sharp ha contestualizzato l’edificio nella storia dell’intera agorà. oltre a darci delle notizie molto interessanti sulla storia, sulle caratteristiche architettoniche e sulle ipotesi di uso del complesso, una specie di supermercato dove si vendevano soprattutto carni e dove, nella tholos centrale, si macellavano animali di taglia media come ovini e suini,

La nuove indagini hanno ridisegnato anche  l'agorà medesima. Ne è emerso un quadro che, in certo qual modo ha rivoluzionato il modo in cui finora, noi poveri mortali, abbiamo pensato all’agorà: una specie di piazza trapezoidale in cui la scalinata monumentale compensava l’unico dislivello. Il professore ha fatto intravedere come doveva apparire magnifica l’agorà ellenistica (monumentalizzata per volontà di Gerone II, nel terzo sec. a. C.) al visitatore che entrasse dalla porta sud (quella posta a ridosso della grande fornace, un altro dei monumenti di epoca romana), con le sue terrazze digradanti che culminavano nelle stoai porticate e nella fontana monumentale, con il santuario e il teatro alla sua sinistra, i granai e le eleganti case della collina est alla sua destra, il tempietto di Zeus agoraios che insieme a vari altari coronava l’apice della gradinata principale, adattata ad Ekklesiasterion.

Per un attimo tutto questo si è materializzato davanti agli occhi dei visitatori che chiedevano a Sharp quando gli archeologi regaleranno una ricostruzione più fedele dell’intera agorà, dallo stoà nord alla porta sud. Naturalmente si scoprirebbe che in quella pianta non c’è il Macellum, costruito dopo il 135 a.C., un secolo dopo; non si vedrebbe la Fornace grande e neppure quella posta nell’estremo lato nord dei granaio, l’edificio dove, prima Ierone e poi i romani, conservavano le decime del raccolto proveniente dal fertilissimo territorio frequentato da Demetra, dea delle messi, e da sua figlia Persefone, quando sfuggiva al freddo buio dell’Ade. Franca Ciantia