Ettore Capra: Ignis Aestuans

Come San Lorenzo salvò Aidone dalla peste del 1623-1624

Aidone. San Lorenzo nella chiesa omonima

Tra il 1624 e il 1626 la Sicilia fu percorsa da un ondata di peste nera che giunse dall’Africa attraverso le navi e si diffuse in gran parte della Sicilia, soprattutto nelle grandi città costiere, prima a Palermo e poi a Catania. Si affrontò in modo più consapevole, con misure di isolamento che ricordano molto quelle di oggi, mettendo a buon frutto la lezione della precedente peste del 1575, quando si erano cominciate a sviluppare misure di profilassi basate soprattutto sul "distanziamento"! Quella del 1624 è la famosa peste che fece scoprire a Palermo le ossa di Santa Rosalia che per avere salvata la città dalla diffusione del contagio ne divenne la patrona. Ed è quella che poi nel 1630 giunse a Milano e fu immortalata nelle pagine di Alessandro Manzoni. 

Aidone si salvò da quella pestilenza, il merito fu attribuito all’intervento di San Lorenzo e di Maria Ss.ma delle Grazie. Viene raccontata da Ettore Capra nelle “Leggende paesane” così come lui l’aveva raccolta da una vecchia suora,  l’unica superstite del convento di Santa Caterina, tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento.

Aidone. Dipinto secentesco su pietra della Madonna delle Grazie

IGNIS AESTUANS! Ovvero di come San Lorenzo salvò Aidone dalla peste

Ad Aidone, allora, ogni dieci anni si celebrava la festa della Madonna delle Grazie, alla quale da poco era stata dedicata una chiesetta all’ingresso est del paese, costruita a seguito del leggendario rinvenimento del suo quadro miracoloso. La festa cadeva ad agosto e coincideva con quella di San Lorenzo per cui le due feste confluivano in una sola, della durata di dieci giorni, chiamata “a festa ranna”, la festa grande. La più grande attrazione era il Battimento che ogni dieci anni, con un corteo in costume ed un torneo, ricordava una battaglia tra Cristiani e Saraceni. Il paese in quella occasione era tutto pavesato a festa e arrivavano venditori di ogni cosa da tutta la Sicilia (sembra che l’ultima festa grande con relativo battimento sia stato celebrata nel 1890).

Quello era l’anno del battimento per cui vi erano anche molti forestiere richiamati dall’evento.

Avenne che un mercante, arrivato in paese con una grande quantità di carri e di mercanzie, fosse stato fermato dai gendarmi e costretto a bivaccare nel Piano di sant’Anna, quasi fuori dall’abitato. Quando si sparse la voce in paese si diffusero mormori e congetture fantasiose, ma alla fine si seppe che era stato fermato per una misura igienica: veniva da Catania dove già si era diffusa la peste! Ma prima che facesse buio il mercante fu autorizzato ad entrare in paese e montare i suoi banchi di esposizione lungo la via Roma. La doppia festa infatti si teneva nel quartiere di San Lorenzo, nella cui chiesa era venerato il giovane santo Martire, che portava con sé la graticola del martirio. Per il periodo della festa vi veniva trasferito anche il quadro miracoloso della Madonna delle Grazie.

Aidone. Cantonale del rudere del Convento di Santa Caterina

Di fronte al duomo c’era uno dei più grandi conventi aidonesi, quello di Santa Caterina. Era usanza fra quelle suore che, in ognuna di quelle dieci giornate, una di esse venisse eletta suora penitenziera con il compito di vegliare tutta la notte, pregando nel piccolo coro la cui finestra guardava la porta della chiesa di San Lorenzo.

Suor Genoveffa, una giovanissima monaca poco più che ventenne, fu la prescelta quella notte. La paura era grande nel buio del coretto, amplificata dal grande Crocifisso la cui espressione agonizzante era molto inquietante; la notte si prospettava lunghissima e spesso la preghiera della suorina era distratta da altri pensieri, non ultimi quelli tentatori del rimpianto di una vita secolare abbandonata troppo presto. Paura, rimpianti, desideri peccaminosi si intrecciavano alle preghiere che ripeteva scorrendo meccanicamente i grani del rosario. Si affacciò alla finestra più volte implorando l’aiuto della bella Madre ritratta sul quadro di pietra, davanti a cui brillavano le luci dei ceri.

D’un tratto mentre Suor Genoveffa, intenta nella preghiera, guardava verso la chiesa, vide un bellissimo giovinetto, nei paramenti di diacono, camminare circonfuso da una luce abbagliante, si dirigeva verso la piazza e scomparve alla sua vista all’altezza della Chiesa di san Domenico. Rimase impietrita, avrebbe voluto correre dalla Badessa a raccontare tutto, ma temeva di essere stata vittima di un sogno o di una visone; così si volse verso il Crocifisso ma il volto di Cristo ora non era più terribile ed agonizzante ma sereno e quasi sorridente! Tornò a guardare fuori e nella luce abbagliante vide il giovane diacono fare ritorno verso la chiesa dietro la cui porta scomparve senza che questa si fosse mai aperta.

Aidone. Chiesa Madre di San Lorenzo

All'improvviso  il silenzio e il buio della notte furono interrotte dal crepitio di spari e dal bagliore di un incendio.

Genoveffa questa volta corse dalla Badessa, la trovò alzata, atterrita dalle grida e dal frastuono che venivano dalla strada. Ma quando le raccontò quello che aveva visto la badessa improvvisamente si rasserenò e affermo tranquilla che sicuramente San Lorenzo aveva liberato il paese da qualche flagello.

Le luci dell’alba rivelarono che a prendere fuoco e ad essere completamente distrutte erano state le balle di stoffe del mercante catanese. La gente collegò l’episodio del giorno prima e capì che san Lorenzo per comando della Madonna delle Grazie li aveva liberati dalla peste, riducendo in cenere la merce infetta. Grati si recarono tutti al Duomo dove fu intonato il Te deum.

Suor Genoveffa dopo quella notte, trovò la sua serenità e fece suo il motto di san Lorenzo “ignis aestuans”, come fuoco che brucia, convinta che lo stesso fuoco che aveva liberato Aidone dalla peste avesse anche purificato per sempre il suo cuore dal germe delle tentazioni mondane.

Liberamente riassunto dal racconto “Ignis aestuans” da Leggende Paesane di Ettore Capra Cordova. 1906

NOTA. La chiesa Chiesa Madre, dedicata a  San Lorenzo, è una delle più antiche del paese, posta alle pendici del Castello normanno. Unica Parrocchia del paese fino al 1910 quando fu eletta a parrocchia anche la Chiesa di Santa Maria La Cava.