IL Castellaccio - U Cast'ddazz

Ruderi del Castellaccio ESCAPE='HTML'

Proseguendo,  da dove la via Roma si restringe nella via Castello, si giunge davanti ai ruderi del Castello medievale, costruito in cima ad un colle inespugnabile. Le rovine sono poco leggibili ma la vista gode di un panorama impareggiabile. Secondo la tradizione il castello era una fortificazione araba, secondo gli studiosi risale invece all’epoca normanna. Non è mai stata fatta una indagine archeologica seria, quelli che vediamo sono pochi ruderi, pezzi di cantonali sovrapposti, traccia di mura perimetrali, e di basamenti murari, quanto resta forse dalle razzie di pietre che sono servite probabilmente a cosruire altre case in paese, il destino di gran parte degli edifici di Morgantina, delle numerose chiese di cui oggi c'è solo traccia nell'onomastica: San Giacomo, San Biagio, Vista Povera, San Nicola...

I ruderi del Castello medievale, il vasto pianoro da cui si domina gran parte della Siclia centrale circondata dagli Erei, dai Nebrodi, dall'Etna e dalla marina di Catania, sono molto suggestivi ed hanno ispirato poeti e scrittori. Così lo descrive lo storico locale Gioacchino Mazzola ( alla pagina 40 della sua Storia di Aidone). Di seguito le quartine di endecasillabe che gli dedica Vincenzo Cordova nella coposizione in italiano "Ai ruderi de Castellaccio". E poi la poesia dedicata da Lucia Todaro in vernacolo piazzese-

il castellaccio in una foto di epoca

Gioacchino Mazzola 

«Ed in Aidone, in un punto eminentemente strategico, a  m. 888 sul livello del mare, sulla parte più elevata del monte, [i Saraceni] costruirono il Castellaccio, inaccessibile per ogni dove, tranne che a mezzogiorno, dal quale si univa al paese.
Alto, sopra una rupe tagliata a picco, fuso con la roccia, ferreo, segno visibile di una potenza che empiva la Sicilia di magnificenze e di glorie, guardava le campagne sottostanti, dove erano le quete mandre, e le valli solcate dal Gurnalonga, come per evocare le memorie di tempi fuggiti nell’ombra. E là, in quella fortezza, si svolsero gli avvenimenti più importanti della civiltà araba, come ancor oggi, fra le meravigliose rovine, ne sono testimonianza le aride bocche delle cisterne e le botole misteriose.
Questo Castello, restaurato e fortificato ancor più dai Normanni, è rimasto famoso nella tradizione popolare, non solo pei vari assalti che sostenne in varie epoche e pel rifugio che vi trovò Martino I nel 1396, ma, in particolar modo, pel soggiorno che nel maggio del 1411 vi fece la Regina Bianca,
la bella figlia di Carlo di Navarra, come diremo a luogo opportuno."

Vincenzo Cordova: Ai ruderi del Castellaccio

        Salve! o macigni del Castello antico!
A voi ritorno dopo lung’assènza
Tratto dalla morbosa nostalgia,
E vi ritrovo, come fa un’ amico
         Nel rivedere l’amata parvènza,
Che in cor le sta presente, e non l’oblìa.
Qual vi lasciai io vi ritrovo sciolti
Abbandonati al vertice del monte
         Vi rivedo formosi, oggi men folti
Al ciel ergendo la superba fronte
Quante memorie care mi destate
Quanti ricordi dell’infanzia mia...
        Antichissime volte sbrandellate!
Fanciùl rivive in vostra compagnia
I tempi antichi, le gaie giornate,
Quando si marinavano le scuole,
        Passando l’ore piene d’allegria
Col fare delle fitte sassaiuòle:
Oh! quante volte mi foste riparo
Contro i nemici che tiravan forte:
        Io v’additài da lungi come faro,
E dietro a voi scansài ferite, e morte,
Mi serviste a celar qualche amoràzzo
Quando la luna mi facea la spia
         Lo rammento benissimo, ragazzo!
Ecco una fase della vita mia,
Voi non sentite amor, certo per me,
E dell’affetto mio poco vi cale:
         Ma io ritorno a voi solo perchè
V’adoro e vi vò dar l’ultimo vale.

(Da Vincenzo Cordova. Un poeta aidonese di Angelo Trovato. Papiro ed. 1997)

panorama dalla breccia sulla parete orientale

Lucia Todaro: U Cast'ddazz d'Aidöngh'
Una cara amica, Lucia Todaro ha dedicato una bellissima poesia in galloitalico piazzese al nostro Castellaccio, come dice lei "un omaggio sincero alla bellezza del luogo". 


U Cast'ddazz d'Aidöngh


Na camm'nada
Nvèrs û celu…
E Urböma l’öggi…
Mentch' urböma u cór.
Quant b'ddëzzi ggh'è…
Su senza velu…
E cui to mai
T par ch i poi p'gghiè.
Dop giurnadi sani
Strasc'nadi…
Cu a testa nterra
E cu i p'nzèri ncodd….
Basta cianè ddà nacav…
Nt sta muntada
E par d r'vè ncav dû mönn.
T senti ‘npasg' ,
T sénti cunsulà…
Figgh’ dâ terra ch tann t f'gghià…
Culöri dözzi…e cini d'armunia…
T fanu di: sta terra è mpuru Mia!

(Il Castellaccio di Aidone
Una passeggiata / verso il cielo…/ E apriamo gli occhi / mentre apriamo il cuore./ Quante bellezze ci sono…/ sono senza velo… / e con le tue mani / ti sembra di poterle prendere.
Dopo giornate intere / trascinate / a testa bassa / sommersi da mille problemi…/ basta salire là sopra / per quella salita / e sembra di arrivare in cima al mondo.
Ti senti in pace, / Ti senti consolato / figlio della terra che ti ha generato…/ Colori dolci… e pieni di armonia… / ti fanno dire: questa terra è pure Mia! )