EREMO DI SAN MARCO

Aidone – l’eremo di San Marco, un gioiello recuperato. “Bombyx Mori”, l’Associazione nata per valorizzarlo

"Storia di tango e cannella" all'EREMO

L'Associazione BOMBIX MORI per rivalutare l'Eremo

da sito dell'Associazione Bombix Mori 

 

Aidone. Se guardi solo alla superfice della cose sembra che in Aidone le aspettative, create dalle fortunate restituzioni degli Acroliti, degli Argenti e infine della Venere, siano state deluse; che, finita la risonanza e il clamore mediatico, tutto sia tornato nella grigia normalità senza produrre nessuno dei cambiamenti attesi e sperati. Ma se si guarda con più attenzione si scopre un fervore culturale ed economico come non si viveva da tanti anni. Molti giovani stanno scommettendo sul domani di Aidone, con coraggio e determinazione, investendo in attività commerciali,  artigianali, di servizio e culturali (recenti l’apertura del Wine bar “Sorsi di autore” e di due laboratori artigiani “Bentornato artigianato” e “Ceramica a modo mio” tre attività che hanno rianimato la via Domenico Minolfi, il cuore del centro storico; prossima l’apertura del nuovo ristorante-pizzeria “Eyexei” a Morgantina). Sono sorte varie compagnie teatrali, diverse associazioni di volontariato e di impegno civico. L’ultima nata degna di attenzione è l’associazione “Bombyx Mori” che coniuga due esigenze diverse: creare delle occasioni culturali e promuovere e valorizzare un luogo, l’Eremo di San Marco, una chiesa edificata intorno al 1100 dai coloni lombardi al seguito del conte Ruggero, dichiarata monumento di particolare importanza storico-artistica (D.A. 5291/91), restaurata dalla famiglia Raffiotta e, attraverso le iniziative promosse da BM, in qualche modo restituita al godimento del pubblico.

L’eremo, sorge oggi solitario ed imponente sulla sommità di un colle di ulivi, più o meno mezza costa e a metà strada tra Aidone e il Borgo Baccarato, lungo la SP 40, ma ci fu un tempo in cui era il centro di un ricco borgo normanno a controllo dei casali posti lungo il fiume Pietrarossa. La chiesa, edificata intorno all’anno 1100, era dedicata alla Vergine e fu affidata inizialmente a monaci di rito e lingua bizantina, che traevano il loro sostentamento dall’allevamento del baco da seta;  le sue rendite, per volere di Ruggero II, furono cedute alla chiesa Monte Syon di Gerusalemme fino alla caduta della città in mano musulmana. Nel Cinquecento si trova citata come priorato di Santa Maria del Baccarato, non si hanno dati certi del perché e del quando  prende il nome del borgo, San Marco. Nell’Ottocento è già proprietà privata e segue i destini del feudo Baccarato, ma resta il vincolo ai proprietari di aprirla alla comunità dei fedeli per la festa di San Marco, il 25 aprile. A partire dall’inizio del ‘900 comincia il degrado, ridotta a stalla e magazzini dal conte Lanza. Il fabbricato, pervenuto alla famiglia Raffiotta,  è stato dichiarato nel 1991 monumento di particolare importanza storico artistica, quale raro esempio della prima architettura normanna in Sicilia, e, a partire dal 1993, ha subito un cospicuo restauro conservativo, volto al consolidamento statico e al recupero della originaria configurazione. Accanto all’eremo un ampio fabbricato rurale offre i servizi essenziali per l’accoglienza degli ospiti.

La chiesa è navata unica con abside centrale fortemente pronunciata all’esterno e due absidiole laterali ricavate nell’incasso del muro. Riceve la luce dalle sei finestre ogivali delle pareti lunghe (tre per lato, quasi delle feritoie), dall’ogiva dell’abside, rigorosamente orientata ad est, e dal rosone sul prospetto ovest.  Molto elegante e raffinato il portale di tramontana che contrasta con l’interno spoglio, ad eccezione dell’abside che conserva ancora tracce dei decori originali.

La leggenda del tesoro di San Marco. All’eremo si lega una delle più suggestive leggende della tradizione locale, quella del tesoro di San Marco custodito da un toro invincibile e destinato ad essere riscattato da un cavaliere errante. Il cavaliere durante il suo errare alla  ricerca di una donna bellissima vista in sogno, giunse a San Marco durante la “fiera” che si teneva ogni sette anni durante il plenilunio di maggio. Qui trovò la sua amata; secondo le prescrizioni delle fate che lo avevano guidato, il cavaliere non avrebbe dovuto toccare l’amata se non il giorno seguente. Ma, non resistendo al desiderio, la strinse a sé e l’amata, tra le sue braccia, si trasformò in un statua d’oro. Per la  disperazione il cavaliere dalla sommità del monte, che sovrasta la chiesa,  si lanciò nel vuoto ponendo fine ai suoi giorni.  (liberamente tratto dagli appunti di Gaia Raffiotta)

OGGI la chiesa attraverso l'associazione Bombyx Mori  sta rientrando nel circuito culturale come bene monumentale e sede per le attività dell'associazione.  Leggi tutto l'articolo su Vivienna